In un concordato preventivo con transazione fiscale, la manifestazione di voto da parte del direttore del competente ufficio, per tributi non iscritti a ruolo ai sensi dell'art. 182 - ter, comma 3, impone al commissario giudiziale di acquisire il conforme parere della direzione generale? Se il voto è espresso a mezzo PEC dopo l'adunanza dei creditori, ai sensi dell'art. 178, comma 4, l. fall. la mancata allegazione del parere può ripercuotersi sull'esito finale del voto?
PREMESSA – Nell'ambito della disciplina dell'istituto della transazione fiscale, l'art. 182 - ter, comma 3, l. fall., con riferimento ai tributi non iscritti a ruolo, ovvero non ancora consegnati al concessionario del servizio della riscossione alla data di presentazione della domanda di concordato, prevede che l'adesione o il diniego alla proposta di concordato sia approvata/o con atto del direttore dell'ufficio, previo parere conforme della competente direzione regionale, e sia espresso mediante voto favorevole o contrario in sede di adunanza dei creditori, ovvero nei modi stabiliti dal primo comma dell'art. 178 l. fall.
La transazione fiscale, secondo i giudici di merito, non si configura come autonomo accordo, ma rappresenta una fase endoconcorsuale del procedimento di cui all'art. 160 l. fall. e si chiude con l'adesione o il diniego alla proposta concordataria attraverso il voto espresso all'adunanza dei creditori; con la conseguenza che l'Agenzia delle Entrate ed il concessionario resteranno soggetti all'esito della votazione concordataria ancorché contrastante con il proprio voto (Trib. Milano 25 ottobre 2007; Trib. Ravenna 19 gennaio 2011, secondo cui la mancata approvazione da parte dell'Amministrazione finanziaria della transazione fiscale non impedisce l'approvazione del concordato preventivo, nel caso in cui siano comunque raggiunte le maggioranza di cui all'art. 177 l. fall. Conforme l'Agenzia Entrate che con Circolare n. 19/E del 6 maggio 2015 ha modificato l'opinione espressa con le Circolari n. 40/E del 18 aprile 2008 e n. 14/E del 16 aprile 2009, fondata sull'autonomia dell'istituto in esame rispetto alla procedura di concordato).
In ogni caso, il silenzio dell'Agenzia delle Entrate in relazione alla proposta equivale ad un voto favorevole, in conformità al disposto di cui all'art. 178 l. fall., senza, tuttavia, che tale silenzio comporti anche l'accettazione delle dichiarazioni di debito contenute nella documentazione del proponente, dichiarazioni che l'Amministrazione finanziaria potrà comunque contestare nelle sede competenti (Trib. Velletri 14 febbraio 2014).
LA SOLUZIONE - Tanto detto, dal momento che il terzo comma del già citato art. 182 - ter l. fall. richiede, relativamente ai tributi non iscritti a ruolo, che il voto (favorevole o contrario) del direttore dell'ufficio debba essere espresso, in ogni caso, previo parere conforme della direzione regionale competente, pare lecito ritenere che, ove manchi tale parere - ovvero il medesimo non sia allegato all'espressione di voto dell'Amministrazione finanziaria (e non venga prodotto entro il termine di venti giorni di cui all'art. 178, comma 4, l. fall.) - il voto debba considerarsi invalido per vizi inerenti al profilo negoziale della dichiarazione di voto medesima.
Sulla questione, giova altresì far presente che i giudici di legittimità (Cass. 19 ottobre 2011, n. 21659), in tema di omologazione del concordato preventivo, proposto con transazione fiscale, hanno sostenuto che l'amministrazione finanziaria, che esprima, nell'adunanza dei creditori, un voto contrario (o irritualmente espresso e dunque ritenuto viziato dal tribunale) alla proposta di concordato, ben può in data successiva, ma anteriore al giudizio di omologazione, manifestare la propria adesione alla transazione fiscale stessa; con la conseguenza che l'omologazione del concordato, in assenza di opposizioni e alla luce del parere favorevole del commissario giudiziale, è subordinata solo alla verifica della regolarità della procedura e dell'esito della votazione.