Il piano concordatario che prevede la dilazione del pagamento IVA salva l’imprenditore dal reato di omesso versamento

La Redazione
14 Settembre 2015

Il fumus commissi delicti del reato di cui all'art. 10-ter d. lgs. n. 74/2000 è incompatibile con l'inclusione del debito Iva nel piano concordatario, nel senso di mera dilazione che non incide sul quantum, qualora l'ammissione al concordato preventivo sia anteriore alla scadenza del termine per il relativo versamento, ovvero anteriore alla consumazione del reato.

Il fumus commissi delicti del reato di cui all'art. 10-ter d. lgs. n. 74/2000 è incompatibile con l'inclusione del debito IVA nel piano concordatario, nel senso di mera dilazione che non incide sul quantum, qualora l'ammissione al concordato preventivo sia anteriore alla scadenza del termine per il relativo versamento, ovvero anteriore alla consumazione del reato.

È questo il principio affermato dalla sentenza della Cassazione Penale n. 15853, depositata il 16 aprile.

Il caso

Il GIP del Tribunale di Foggia disponeva il sequestro preventivo per equivalente sui beni di un imprenditore, indagato per il reato di omesso versamento IVA. Il Tribunale rigettava l'istanza di riesame e la vicenda giungeva innanzi alla Cassazione Penale.

L'incidenza del concordato preventivo sulla sussistenza del reato

La vicenda processuale ruota attorno alla rilevanza del concordato preventivo rispetto al reato contestato: ci si chiede, in particolare, se la dilazione del versamento IVA, prevista da un piano concordatario, oltre al termine di versamento dell'acconto per il periodo di imposta successivo, integri ex se il reato di cui all'art. 10-ter D.lgs. n. 74/2000, che è reato omissivo istantaneo.

Il debito IVA nel concordato: no alla falcidia, possibile la dilazione

Anche se la dottrina e la giurisprudenza di merito hanno fornito negli ultimi anni diverse aperture alla falcidiabilità del debito IVA (si segnala, tra gli altri: Andreani, La falcidiabilità dell'IVA nel concordato preventivo senza transazione fiscale: tesi a confronto, dopo la sentenza della Corte costituzionale, in questo portale), la giurisprudenza di legittimità, sia civile che penale, è ormai pacifica nell'affermarne invece l'intangibilità: ai sensi dell'art. 182-ter l. fall. è possibile prevedere nel piano concordatario solo la dilazione del pagamento, mediante l'istituto della transazione fiscale (così Cass. civ. n. 22931 e 22932 del 2011, Cass. civ. n. 7667/2012).

Dilazione anche senza transazione fiscale

Con sentenza n. 14447/2014 la Cassazione Civile ha affermato che l'intangibilità del debito IVAa ha natura sostanziale e si estende ad ogni forma di concordato, ancorché proposto senza ricorrere all'istituto della transazione fiscale. Corollario di questo principio è che la dilazione può essere ammessa in ogni tipologia di concordato, anche qualora non venga utilizzato l'istituto, facoltativo, della transazione fiscale.
Ma se è possibile prevedere nel piano concordatario la dilazione del versamento IVA, come può ammettersi la sussistenza del reato di cui all'art. 10-ter d.lgs. n. 74/2000?
Il Tribunale, infatti, nel provvedimento impugnato ha richiamato un precedente di legittimità più restrittivo (Cass. pen. n. 44283/2013) in base al quale il principio di indisponibilità della pretesa tributaria in riferimento al debito IVA riguarderebbe anche i tempi di adempimento: non vi sarebbe alcuna volontà legislativa di mettere in dubbio il principio di indisponibilità del debito IVA, “consentendone il pagamento dilazionato al di fuori degli accordi di transazione fiscale”.
Secondo questa pronuncia, dunque, il concordato preventivo, che è atto di autonomia negoziale tra debitore e creditori, non può incidere sulle scadenze di versamento IVA, prevedendo una dilazione.
La Cassazione Penale, con la pronuncia in commento, è di parere opposto, in primis rilevando come, in realtà, il concordato non possa essere qualificato come atto meramente negoziale, bensì sia un atto anche pubblicistico, alla luce delle numerose disposizioni che prevedono una presenza giurisdizionale.
Se così è, prosegue la Cassazione, apparirebbe illogico consentire, da un lato, “al giudice fallimentare di ammettere al concordato l'imprenditore che nel suo piano progetta di commettere un reato” e poi di omologare tale concordato, e dall'altro lato consentire al giudice penale di sanzionare il soggetto che ha eseguito un accordo criminoso, condannandolo per il reato di cui all'art. 10-ter.
Si tratta di un'evidente frattura ordinamentale che non appare sostenibile.

Il concordato può escludere il reato di omesso versamento IVA

La conclusione logica è, dunque, quella di ritenere che l'ammissione a un concordato preventivo il cui piano preveda la dilazione del pagamento IVA, avvenuta anteriormente alla scadenza del termine per il relativo versamento ovvero alla consumazione del reato, vale ad escludere il fumus commissi delicti.

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