Cessione aziendale e 'riserva di proprietà'

La Redazione
14 Ottobre 2016

Le Entrate con la Risoluzione n. 91/E pubblicata ieri forniscono chiarimenti in merito al caso in cui ci sia una vendita con riserva di proprietà. Secondo l'Agenzia ai fini fiscali vale principalmente il momento della conclusione del contratto, e non quello del formale trasferimento del bene conseguente al pagamento dell'ultima rata.

Nel caso in cui una vendita sia stata effettuata con il pagamento rateale del prezzo e riserva di proprietà (art. 1523 c.c.) prevista a favore della parte venditrice ed eventualmente esercitata, l'inadempienza del compratore comporta un ritrasferimento della proprietà fiscale al venditore originario. Lo chiarisce la Risoluzione n. 91/E pubblicata ieri.

Il fatto sottoposto alle Entrate con un interpello era quello di una società che aveva venduto un bar pasticceria, con la clausola “riserva di proprietà”. Nel quesito la società ipotizzava che l'operazione non fosse andata a buon fine e che la cessione venisse pertanto annullata.

Secondo l'Agenzia delle Entrate, ai fini fiscali vale principalmente il momento della conclusione del contratto, e non quello del formale trasferimento del bene conseguente al pagamento dell'ultima rata. “Si ritiene opportuno evidenziare – si legge nel documento – che anche altre norme dell'ordinamento tributario sanciscono l'irrilevanza della riserva di proprietà ai fini fiscali e assumono a presupposto impositivo il momento della stipula dell'atto”.

È anche evidente, a questo punto, che esiste uno scostamento tra l'ordinamento tributario e quello civilistico: infatti, in tema di vendita con riserva di proprietà, la disciplina codicistica stabilisce che il trasferimento della “proprietà civilistica” del bene avvenga al momento del pagamento dell'ultima rata di prezzo, mentre la norma fiscale fissa il trasferimento della “proprietà fiscale” del bene al momento della stipulazione dell'atto di vendita.

A questo punto è bene evidenziare che “l'eventuale risoluzione del contratto per inadempimento (mancato pagamento, da parte dell'acquirente, di almeno due rate di prezzo della compravendita) produrrebbe un ritrasferimento della «proprietà fiscale» dell'azienda.

E, conclude l'Agenzia: “si ritiene che nel momento dell'eventuale riconsegna del complesso aziendale, conseguente all'esercizio della clausola risolutiva espressa o al provvedimento d'urgenza, la Società Istante debba:

1) attribuire all'azienda riconsegnata un valore pari al valore normale dei beni che la compongono;

2) stornare il valore residuo del credito (derivante dalla cessione del …) per un importo pari al valore dell'azienda riconsegnata, come determinato al punto precedente”.

Le ipotesi sono due: se il valore dell'azienda sia inferiore al valore residuo del credito, la differenza costituirà una perdita su crediti deducibile ai fini IRES ai sensi dell'art. 101 del T.U.I.R. Si tratterà tuttavia di una perdita indeducibile a fini IRAP. Invece, qualora il valore dell'azienda sia superiore al valore residuo del credito, emergerà una sopravvenienza attiva che concorrerà alla formazione della base imponibile ai fini IRES ai sensi dell'art. 88 del T.U.I.R. e che risulterà irrilevante ai fini IRAP.

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