Preclusione di un secondo giudizio e relazione con l'oggetto del giudicato

La Redazione
15 Novembre 2016

La sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 47683/2106, ha ricordato che il principio del ne bis in idem impone una valutazione ancorata ai fatti e non alla qualificazione giuridica degli stessi. La preclusione di un secondo giudizio deve essere valutata in relazione al concreto oggetto del giudicato e della nuova contestazione.

In caso di concorso tra disposizione penale e sanzione amministrativa in riferimento allo stesso fatto, deve trovare applicazione la disposizione che risulti speciale rispetto all'altra all'esito del confronto tra le rispettive fattispecie astratte. Principio questo consolidato e ribadito dalla Corte di Cassazione che, con sentenza n. 47683/2016, è dovuta intervenire decidendo sulla questione inerente i reati di bancarotta fraudolenta partimoniale e documentale.

Nella fattispecie in esame i ricorrenti sollevavano le eccezioni di cui all'art. 5 della L. n. 119/2003, sostenendo che il principio su espresso si riteneva in netto contrasto con quanto affermato dalla giurisprudenza della Corte EDU (4 marzo 2013 causa Grande Stevens c. Italia), posto che tale decisione riguardava l'operatività del divieto del ne bis in idem, fattispecie questa che induce a procedere al confronto tra gli elementi essenziali dei fatti contestati in concreto nei diversi procedimenti al fine di rilevarne l'eventuale identità.

Dunque i guidici di secondo grado hanno correttamente escluso che le due fattispecie possano ritenersi in rapporto di specialità, dato che tra esse non sussiste neanche un rapporto di interferenza. Anche perchè nel caso concreto preso in esame, i giudici d'appello, hanno argomentato per mero desiderio di completezza nel senso che si è ritenuto irrilevante che la sentenza abbia esaminato la questione anche sotto un profilo di eventuale interferenza tra la disposizione sanzionatoria amministrativa e la fattispecie di operazioni dolose, su quest'ultimo punto gli imputati non sono stati condannati, quindi non vi era nessuna specifica necessità.

Dalla Corte si sottolinea poi che ai fini della configurabilità della preclusione connessa al divieto di un secondo giudizio, è necessaria la corrispondenza tra fatto storico (considerando in toto gli elementi costitutivi: condotta, evento, nesso causale e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona) sul quale si è formato il giudicato e quello per cui si procede.

Principi che appaiono in linea con l'orientamento espresso dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo (vedi sentenza 10 febbraio 2009 caso Zolotoukhine); per cui il principio del ne bis in idem impone una valutazione ancorata ai fatti e non alla qualificazione giuridica degli stessi, dal momento che quest'ultima è da ritenersi troppo restrittiva in vista della tutela dei diritti della persona.

Nel caso preso in considerazione dai giudici di legittimità notiamo che questi principi non sono stati messi in dubbio dai giudici di merito, i quali hanno ritenuto che tra i reati contestati nei due giudizi ricorresse un rapporto di concorso formale ai sensi dell'art. 81 c.p. richiamando il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità per cui la preclusione del ne bis in idem non opera se tra i fatti già giudicati e quelli da giudicare sia configurabile tale ipotesi. Ma ha escluso che nel caso di specie sussista la violazione del divieto di un secondo giudizio.

La Cassazione non condivide le conclusioni perseguite dalla corte territoriale, la sua disamina sul punto prende avvio ricordando come l'identità del fatto ai fini della preclusione di un secondo giudizio deve essere valutata in relazione al concreto oggetto del giudicato e della nuova contestazione, la valutazione a cui i giudici di seconde cure sono giunti, invece, risulta "inquinata" dal ricorso anche da criteri che appartengono al confronto tra la fattispecie astratte della truffa e della bancarotta.

Per arrivare ad una conclusione, la Corte di Cassazione sostiene che la decisione presa dai giudici di seconde cure non risulta più in linea con l'intervento del giudice delle leggi, il quale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 649 c.p.p. per contrasto con l'art. 117 Cost., nella parte in cui esclude che il fatto sia il medesimo per la sola circostanza che sussiste un concorso formale tra il reato già giudicato con sentenza irrevocabile ed il reato per cui è iniziato il nuovo procedimento penale. Viene così annullata senza rinvio la sentenza impugnata in relazione al divieto di un secondo giudizio ai sensi dell'art. 649 c.p.p..

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