Il medico ha un collaboratore? No all'IRAP

La Redazione
15 Settembre 2017

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 21243/2017, ha ricordato che in tema di IRAP la presenza di un collaboratore, che secondo l'Ufficio è un indice significativo della sussistenza del presupposto impositivo, comporta la negazione del rimborso da parte dell'Agenzia delle Entrate.

La Cassazione ritorna sul tema dell'IRAP e lo fa giudicando il caso di una professionista, medico convenzionato con il SSN, che aveva chiesto il rimborso dell'imposta; rimborso negato dall'Agenzia delle Entrate con silenzio-rifiuto. Ad ostacolare il rifiuto, secondo le posizioni del Fisco, la presenza di un collaboratore, che secondo l'Ufficio era un indice significativo della sussistenza del presupposto impositivo.

Con l'ordinanza del 13 settembre 2017 n. 21243, i Giudici della Suprema Corte ha respinto il ricorso delle Entrate.

I Giudici della Corte hanno ricordato che le Sezioni Unite della Cassazione hanno recentemente sentenziato che, a fini IRAP, «integra autonoma organizzazione l'impiego di beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure l'avvalersi in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell'impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive». Dunque, secondo la Suprema Corte, il solo avvalersi di lavoro altrui non è automaticamente segno di autonoma organizzazione, in quanto prima di tutto vengono le caratteristiche di detto lavoro. Affermando quindi che l'utilizzo di personale anche in attività autonoma non integra necessariamente il presupposto dell'imposta se lo stesso non prevale sul lavoro intellettivo del contribuente, la CTR aveva affermato un principio sostanzialmente in linea con i dettami delle Sezioni Unite.

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