Il trust può invocare le libertà fondamentali di cui al TFUE

La Redazione
19 Settembre 2017

La Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha depositato la sentenza relativa alla causa C-646/15, con la quale è stato stabilito che il trust può invocare, a determinate condizioni, le libertà fondamentali del Trattato di funzionamento dell'Unione (nel caso specifico, la libertà di stabilimento).

La Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha depositato lo scorso 14 settembre la sentenza relativa alla causa C-646/15, con la quale è stato stabilito che il trust può invocare, a determinate condizioni, le libertà fondamentali del Trattato di funzionamento dell'Unione (nel caso specifico, la libertà di stabilimento).

Nel caso di specie, la Corte è chiamata a pronunciarsi, in particolare, sulla questione se anche un trust possa invocare le libertà fondamentali di cui al TFUE. Su tale questione si era ad oggi pronunciata – nell'ambito di una controversia con caratteristiche diverse – soltanto la Corte EFTA, risulta perciò essere di nuova disamina da parte della Corte di Giustizia Ue.

In particolare, la Corte è chiamata a stabilire se un diritto di imposizione sussista anche quando, nonostante il trasferimento, lo Stato di uscita continui a disporre di un certo potere impositivo. Occorre allo stesso modo stabilire se una volontaria realizzazione delle riserve latenti successivamente all'accertamento dell'imposta ma prima che essa divenga esigibile incida sulla suddetta valutazione.

La controversia prende avvio per una presunta incompatibilità con la libertà di stabilimento della normativa fiscale inglese vigente negli anni 2003 e 2004.

Nello specifico, si sollevano le seguenti questioni:

  1. se contrasti con una delle libertà fondamentali la decisione di uno Stato membro di assoggettare a imposta le plusvalenze non realizzate sull'aumento di valore delle attività detenute dai trust nel momento in cui la maggioranza degli amministratori dei trust cessi di essere domiciliata o abitualmente residente in tale Stato membro;
  2. se una restrizione alla libertà creata da questo onere di uscita sia giustificata per garantire la ripartizione equilibrata del potere impositivo, ove sia ancora possibile l'assoggettamento degli utili realizzati all'imposta sulle plusvalenze, ma solo qualora sorgano circostanze specifiche in futuro;
  3. se la proporzionalità debba essere determinata dai fatti del singolo caso. In particolare, se la restrizione creata da un siffatto assoggettamento a imposta sia proporzionata qualora:
  • la normativa non preveda la possibilità di differire il pagamento dell'imposta né il pagamento a rate, né che si debba tenere conto di successive minusvalenze dei beni in trust dopo l'uscita,
  • tuttavia, nelle particolari circostanze della determinazione dell'imponibile impugnata, i beni siano stati venduti prima che l'imposta fosse dovuta e non si sia verificata una perdita di valore delle relative attività tra il trasferimento del trust e la data di vendita.

Su tali questioni hanno presentato osservazioni scritte gli amministratori fiduciari dei quattro trust.

Il ricorso si concentra sull'incompatibilità della normativa con il diritto di stabilimento previsto dall'art. 49 del TFUE, concentrandosi in particolare sulla possibilità di equiparare i trust alle società.

La Corte, dopo l'analisi dei punti sollevati, è giunta a stabilire che le disposizioni del trattato FUE relative alla libertà di stabilimento ostano, in circostanze come quelle oggetto del procedimento principale, in cui i trustees sono trattati, secondo il diritto nazionale, come un unico e permanente organismo di persone, distinto dalle persone che possono di volta in volta essere i trustees, alla normativa di uno Stato membro, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede l'assoggettamento ad imposta degli utili non realizzati afferenti al patrimonio del trust, qualora la maggioranza dei trustees trasferisca la sua residenza in un altro Stato membro, senza permettere il prelievo differito dell'imposta in tal modo dovuta.

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