Accisa, diniego di rimborso e azioni concretamente esperibili
15 Novembre 2016
L'art. 14, comma 2°, del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 (T.U. delle imposte sulla fabbricazione e sui consumi) ha introdotto una regola generale secondo la quale il rimborso dell'accisa indebitamente pagata deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro due anni dalla data del pagamento, senza distinguere tra le cause per le quali il pagamento non sia dovuto, in quanto il carattere “indebito” del pagamento è considerato rilevante in sé, nella sua oggettività. Tale principio deve, però, essere letto alla luce della caratterizzazione tipologica delle imposte sul consumo. Sul punto bisogna operare un distinguo, pacifico in giurisprudenza (ex multis, Cass. civ., ss.uu., 1 febbraio 2016, n. 1837; Cass. civ., 6 agosto 2014, n. 17627; Cass. civ., ss.uu., 19 marzo 2009, n. 6589), tra il rapporto, di stampo privatistico, intercorrente tra soggetto erogatore dell'energia ed il soggetto utilizzatore e quello, di matrice tributaria, tra l'Erario ed il fornitore, soggetto, questo ultimo che, dal lato passivo dell'obbligazione tributaria, è l'unico onerato a corrispondente all'Ente impositore l'imposta sul consumo (ai sensi degli artt. 2 e 26 del D.Lgs. n. 504/1995). Il fornitore potrà, poi, riversarne l'onere sul consumatore mediante rivalsa, secondo un meccanismo tipicamente economico (maggiorazione del prezzo di vendita).
Dal quesito non è dato sapere se il Lettore abbia agito nella veste di fornitore o di consumatore. Nel primo caso, l'inoltro dell'istanza di rimborso all'Agenzia delle dogane, secondo quanto disposto dall'art. 14, comma 2, del D.Lgs. n. 504/1995, è corretto e, di conseguenza il diniego opposto potrà divenire oggetto di gravame innanzi alla commissione tributaria provinciale, in quanto ciò che viene in contestazione è il corretto esercizio del potere impositivo. Sul piano processuale, quanto detto trova riscontro nell'art. 2 del D.Lgs. n. 546/1992, così come modificato dall'art. 12 della Legge n. 448/2001, il quale ha esteso la giurisdizione delle Commissioni tributarie alla materia dei tributi doganali e delle accise e, quindi, anche alla materia delle agevolazioni fiscali previste per questa particolare tipologia di tributi, stante il fatto che la giurisdizione tributaria sussiste in relazione a "tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati”. Quanto appena detto circa il limite “esterno” della giurisdizione tributaria trova ulteriore conferma nell'art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992 (che ha codificato i cosiddetti “limiti interni” della giurisdizione) il quale, nel porre “il catalogo” degli atti impugnabili, annovera al comma 1, lettera g), “il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti”. In tal caso, il termine di prescrizione per poter impugnare innanzi alla commissione tributaria di primo grado il diniego è di cinque anni, ai sensi dell'art. 15, comma 1°, D.Lgs. n. 504/1995, a tenore del quale “Il credito dell'Amministrazione finanziaria per l'accisa si prescrive in cinque anni e, limitatamente ai tabacchi, in dieci anni”. Infatti, sebbene il termine di cinque anni si riferisca al diritto all'imposta (id est, al “credito dell'Amministrazione finanziaria”), in assenza di indicazioni contrarie, sembrerebbe che lo stesso possa valere anche nel caso di credito vantato dal contribuente. Il termine quinquiennale decorrerà da quando il diritto potrà essere fatto valere e, quindi, il dies a quo sarà da identificare nel momento in cui si manifesta il diniego.
Al contrario, qualora il soggetto rivesta la qualifica di consumatore ed abbia inoltrato richiesta di rimborso all'Agenzia delle dogane in riferimento alla parte del prezzo indebitamente corrisposta e coincidente con l'accisa ritenuta non dovuta, il diniego dell'Amministrazione è pienamente giustificabile, in virtù del fatto che il contenuto di tale istanza investe il rapporto privatistico tra consumatore e fornitore sulla base del presupposto (secondo il consumatore) che l'accisa non avrebbe dovuto essere ricompresa nel prezzo medesimo (sul punto, Cass. civ., ss.uu., 25 maggio 2009, n. 1987; Cass. civ., 23 febbraio 2006, n. 3394). Pertanto, essendo l'Amministrazione estranea a tale rapporto, il consumatore avrebbe dovuto avanzare richiesta di rifusione di quanto corrisposto indebitamente, direttamente al fornitore, esperendo l'azione di ripetizione di indebito ai sensi dell'art. 2033 c.c..
Avuta considerazione del fatto che i presupposti della domanda di rimborso non attengono all'esercizio del potere impositivo sussumibile nello schema potestà – soggezione, proprio del rapporto tributario, l'azione ex art. 2033 c.c. dovrà essere incardinata dal consumatore, nei confronti del fornitore, innanzi al giudice ordinario. Il termine di prescrizione sarà, in tal caso, decennale e decorrerà dalla data del pagamento asseritamente non dovuto.
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