Accesso alle agevolazioni per l'ente religioso che ha superato la verifica di un ente non commerciale

La Redazione
15 Dicembre 2016

Con la sentenza n. 25586/2016 i Giudici della Corte hanno stabilito che è necessario attestare che l'ente religioso svolga davvero la sua attività e non abbia fini commerciali.

Non ha importanza la natura dell'ente (religioso) e l'attività da esso svolta, per accedere alla riduzione delle imposte: è infatti necessario un controllo che attesti che l'attività dell'ente non è commerciale. Lo dicono i Giudici della Cassazione, con l'ordinanza del 13 dicembre 2016, n. 25586, con la quale hanno accolto il ricorso dell'Agenzia delle Entrate avverso un istituto religioso il quale aveva ottenuto l'accoglimento delle sue ragioni in sede di giudizio di appello.

In breve, secondo la Cassazione, al fine del riconoscimento del beneficio della riduzione di metà dell'aliquota IRPEG ai sensi dell'art. 6, lett. h), del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 601, in favore degli enti equiparati a quelli di beneficienza od istruzione, come gli enti ecclesiastici con fini di religione o culto, non è sufficiente che tali enti siano sorti con tali fini enunciati, ma invece è necessario che venga accertato che l'attività svolta in concreto non abbia carattere commerciale. L'attività dovrà inoltre essere in rapporto di strumentalità diretta ed immediata con “quei fini di religione e di culto”, e in tale modo non si deve limitare “a perseguire il procacciamento dei mezzi economici al riguardo occorrenti, dovendo essere classificata come attività diversa, soggetta all'ordinaria tassazione”.

Nel caso in esame, la CTR aveva accolto il ricorso dell'ente perché il pensionato da esso gestito – destinato alle studentesse, per brevi periodi di tempo – aveva “evidenti obiettivi sociali”. Diversamente hanno pensato i Giudici della Cassazione, accogliendo la versione delle Entrate per le quali tale pensionato era di fatto un'attività alberghiera.

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