L'iscrizione nei ruoli straordinari non si sottrae alle conseguenze della pronuncia giudiziale non definitiva

La Redazione
16 Gennaio 2017

I Supremi Giudici delle Sezioni Unite, con la sentenza n. 758/2017, hanno statuito che l'iscrizione nei ruoli straordinari dell'intero importo delle imposte, degli interessi e delle sanzioni non si sottrae alle conseguenze della pronuncia giudiziale non definitiva che incide sulla legittimità dell'atto impositivo che ne costituisce il titolo.

Le Sezioni Unite della Corte, con la sentenza n. 758/2017, hanno risolto un contrasto giurisprudenziale in ordine all'iscrizione a ruolo straordinario. Il principio di diritto espresso enuncia che: "l'iscrizione nei ruoli straordinari dell'intero importo delle imposte, degli interessi e delle sanzioni risultante dall'avviso di accertamento non definitivo, prevista, in caso di fondato pericolo per la riscossione, dagli artt. 11 e 15-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, costituisce misura cautelare posta a garanzia del credito erariale, la cui legittimità dipende pur sempre da quella dell'atto impositivo presupposto, che ne è il titolo fondante: ne deriva che, qualora intervenga una sentenza, anche se non passata in giudicato, del giudice tributario che annulla, in tutto o in parte, tale atto, l'ente impositore ha l'obbligo di agire in conformità alla statuizione giudiziale, sia nel caso in cui l'iscrizione non sia stata ancora effettuata, sia, se già effettuata, adottando i conseguenziali provvedimenti di sgravio e, eventualmente, di rimborso dell'eccedenza versata".

Il giudizio veniva instaurato nel 2007 dal contribuente (s.r.l. fallita) per ottenere l'annullamento di un avviso di accertamento per IRPEG e IRAP. La curatela fallimentare proponeva ricorso in Commissione provinciale, la quale confermò la tesi sostenuta dalla società contribuente. L'Amministrazione, nelle more, provvedeva all'emissione della relativa cartella di pagamento e successivamente appello in Commissione regionale, nonchè provvedeva a iscrivere a ruolo straordinario, ai sensi dell'art. 15-bis del d.P.R. n. 602/1973, le imposte e gli accessori di cui all'avviso medesimo.

La Commissione regionale, intervenendo sul punto, sosteneva le ragioni dell'Ufficio dichiarando che: l'iscrizione a ruolo straordinario trova il suo fondamento nel citato art. 15-bis del d.P. R. n. 602/1973 ed è legittima quando vi è fondato pericolo per la riscossione, senza che venga rilevato l'eventuale emissione di un avviso di accertamento o la pendenza del relativo giudizio d'impugnazione. Nella fattispecie sussistevano tutti i motivi affinché si potesse procedere con l'iscrizione a ruolo straordinario a seguito della dichiarazione di fallimento della società, non si riteneva, poi, la presenza di ne bis in idem (in quanto i presupposti delle due iscrizioni a ruolo erano differenti).

La Corte di Cassazione, visti i contrasti giurisprudenziali sorti sul punto, ha deciso di rimettere gli atti al Primo Presidente, per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

La ricorrente lamentava, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo, che l'art. 15-bis cit. esplica la sua efficacia nell'ambito della riscossione provvisoria nella fase amministrativa, mentre una volta che si è nella fase giudiziale (con sentenza del giudice) viene avviata la riscossione frazionata che è disciplinata dall'art. 68 del D.Lgs. n. 546/1992.

La questione sottoposta al vaglio dei Supremi giudici attiene all'efficacia dell'istituto cautelare di garanzia del credito tributario costituito dall'iscrizione nel ruolo straordinario (procedura da attuarsi in caso di pericolo per la riscossione ai sensi del citato art. 15-bis). Nello specifico è necessario stabilire se la pronuncia del giudice (che sia favorevole al contribuente e ancora soggetta ad impugnazione) si rifletta sulla misura cautelare, incidendo sulla sua efficacia, oppure se ignorando la delibera giudiziale restino validi i suoi effetti fino al (l'eventuale) giudicato negativo del credito.

Dalla disamina si evince che l'orientamento più consono alla risoluzione della vertenza è senza dubbio il primo. L'efficacia immediata delle sentenze (delle commissioni tributarie) concernenti gli atti impositivi è, come noto, immediata. Tale immediata efficacia trova la sua base normativa nell'art. 68 del D.Lgs. n. 546/1992 (riscossione frazionata e graduale, rimborso al contribuente dell'eccedenza rispetto al decisum della sentenza di accoglimento). È inoltre opportuno evidenziare un ulteriore elemento: il processo tributario è da annoverare tra quelli di "impugnazione-merito" e non tra quelli di "impugnazione-annullamento", infatti esso non è diretto alla sola eliminazione dell'atto impugnato ma necessita di una decisione di merito che annulli in toto o parzialmente l'atto impositivo, quindi non può che perdere di efficacia come titolo idoneo a legittimare la pretesa riscossione provvisoria (avente natura cautelare).

Alla luce di quanto sopra esposto si può concludere a fortiori che è illegittima la misura cautelare adottata dopo l'integrale accoglimento del ricorso del contribuente avverso l'atto presupposto. Dunque è da confermare, in base alla stessa ratio, l'obbligo di rimborso dell'eccedenza versata.

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