Per le Sezioni Unite la TIA1 non è soggetta ad IVA

La Redazione
17 Marzo 2016

La Corte di Cassazione, pronunciandosi a Sezioni Unite, ha ricordato che la tariffa di igiene ambientale ha natura tributaria, e dunque la giurisdizione appartiene al giudice tributario. I Giudici hanno così affermato la non assoggettabilità della TIA1 ad IVA, in quanto manca un rapporto sinallagmatico che le leghi.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5078/2016, intervengono per dipanare il contrasto giurisprudenziale sorto tra la sezione civile e tributaria affermando la non assoggettabilità dell'imposta indiretta sulla TIA1, quest'ultima disciplinata dall'art. 49 del D.Lgs. 22/1997.

La vicenda

Il contribuente proponeva ricorso avverso l'affidataria del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti, per aver quest'ultima applicato l'IVA sul tributo in questione. Sia il Giudice di pace che il Tribunale, tenuto conto delle ragioni del contribuente, confermavano la natura tributaria della TIA1 in quanto mera variante della TARSU (si ricorda che l'art. 49 cit. sostituisce la TARSU con la Tariffa di Igiene Ambientale). Sul punto anche la Corte Costituzionale (sentenza n. 64/2010) aveva giudicato infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3-bis D.L. 203/2005, nella parte in cui devolveva alla giurisdizione del giudice tributario le controversie relative alla debenza del canone per lo smaltimento dei rifiuti urbani; il prelievo, ribadiscono i Giudici, presenta tutte le caratteristiche del tributo.

L'affidataria del servizio propone ricorso in Cassazione chiedendo la rimessione della questione alle Sezioni Unite. A parere della ricorrente è erroneo escludere l'assoggettibilità ad IVA della tariffa per la supposta assenza di un rapporto sinallagmatico tra il servizio di smaltimento dei rifiuti e la controprestazione gravante sugli utenti, beneficiari del servizio. Per il gestore, infatti, la determinazione del corrispettivo prescinde dal rapporto sinallagmatico; ai fini IVA andrebbe correlata non alla nozione civilistica di contratto sinallagmatico, bensì ad un "collegamento economicamente valutabile". Dunque le prestazioni di servizio di cui all'art. 3 del D.P.R. 633/1972 prescinderebbero dalla fonte del rapporto. La correlazione non potrebbe essere esclusa dalla circostanza che parte della tariffa sia destinata a remunerare le prestazioni di raccolta e smaltimento di rifiuti esterni.

Disciplina comunitaria

La sentenza impugnata, dal punto di vista della ricorrente, ha erroneamente interpretato l'art. 13 della Direttiva 2006/112/CE, per aver applicato alle prestazioni di servizi – che la stessa società ha erogato – "l'esenzione soggettiva dall'IVA di diritti, canoni, contributi percepiti dagli enti pubblici per le sole attività od operazioni che essi esercitano in quanto pubbliche autorità".

La Direttiva 2008/98/CE affida agli stati membri la gestione dei rifiuti, questi sono tenuti ad adottare tutte le misure necessarie per garantire recupero, riutilizzo, riciclaggio e smaltimento dei rifiuti, rimettendo alla discrezione degli Stati la determinazione degli oneri correlati ai costi di gestione.

Interpretazione della Corte UE

Che il servizio sia connesso all'esercizio di attività di pubblica autorità trova spazio anche nelle decisioni della Corte di Giustizia (cfr. causa C-174/14) secondo cui: "l'esenzione prevista all'art. 13 Direttiva 2006/112 concerne principalmente le attività esercitate dagli Enti di diritto pubblico in quanto pubbliche autorità che, pur essendo di natura economica, sono strettamente connesse all'esercizio di prerogative di pubblico potere". Così come nella causa C-446/98 secondo cui: "alla luce degli obiettivi della sesta direttiva, si mette in evidenza che per l'applicazione dell'esenzione devono essere congiuntamente soddisfatte due condizioni, vale a dire l'esercizio di attività da parte di un ente pubblico e l'esercizio di attività in veste di pubblica autorità. Per quanto rigurada l'ultima condizione, sono le modalità di esercizio delle attività in esame che consentono di determinare la portata dell'esenzione degli enti pubblici".

Sul punto del rapporto sinallagmatico tra prestazione e controprestazione, ai fini dell'imponibilità, la giurisprudenza comunitaria ne ritiene necessaria la sussistenza, affermando che: "vi è un'operazione imponibile solo quando tra l'autore di tale prestazione e il suo destinatario intercorra un rapporto giuridico nell'ambito del quale avviene uno scambio di prestazioni sinallagmatiche, nel quale il compenso ricevuto dall'autore di tale prestazione cosituisce il controvalore effettivo del servizio fornito al beneficiario" (cfr. sentenza del 16 dicembre 2010, C-270/09).

Le Sezioni Unite, dunque, alla luce di tale disamina, danno seguito all'indirizzo espresso dalla sezione tributaria, non senza rilevare che la questione dell'assoggettamento ad IVA della TIA1 non costituiva espressamente oggetto delle pronunce della Sezione civile, risultando un mero obieter a favore della natura non privatistica della Tia1 nell'ambito della disciplina speciale in tema di crediti privilegiati. Dunque mancano elementi costitutivi come: volontarietà nel rapporto tra gestore ed utente, totale predeterminazione dei costi da parte del soggetto pubblico, nonché dall'assenza del rapporto sinallagmatico che sta alla base dell'assoggettamento ad IVA, i Giudici non possono che rigettare il ricorso proposto dall'ente e condannarlo alla spese.

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