Crediti esposti in dichiarazione: l’A.F. può contestare il proprio debito oltre il termine di decadenza del potere accertativo
16 Marzo 2016
Con sentenza n. 5069, depositata in data 15 marzo, la Cassazione interviene a Sezioni Unite per dipanare il contrasto giurisprudenziale registratosi in merito ai termini entro cui l'Amministrazione finanziaria può contestare la sussistenza di un proprio debito (derivante da credito del contribuente esposto in dichiarazione) ed alle conseguenze connesse all'inutile spirare di tale termine.
Il caso. La controversia nasce dal gravame proposto da una Fondazione Cassa di Risparmio avverso il silenzio-rifiuto dell'Amministrazione finanziaria formatosi sulla domanda di rimborso IRPEG. L'adita CTP accoglieva il ricorso, e la decisione di prime cure veniva confermata anche in sede di appello. Investita delle doglianze dell'Agenzia, la Cassazione – con ordinanza n. 23529/14 – trasmetteva gli atti al Primo Presidente per la rimessione alle Sezioni Unite, rilevando un contrasto giurisprudenziale relativo alla perentorietà o meno del termine entro il quale l'Amministrazione finanziaria deve provvedere alla liquidazione dei rimborsi spettanti in virtù di credito di imposta esposto in dichiarazione, ed agli effetti scaturenti dall'inutile decorso di detto termine.
Gli orientamenti contrastanti e il principio di diritto.Le Sezioni Unite ritengono dunque di non condividere l'interpretazione recepita nella pronuncia n. 9339/2012 (conf. di recente 2277/2016), secondo cui “qualora il contribuente abbia presentato la dichiarazione annuale, ai fini di un'imposta, esponendo un credito di rimborso, l'A.F. è tenuta a provvedere sulla richiesta di rimborso, salvo diversa espressa previsione normativa, nei medesimi termini di decadenza stabiliti per procedere all'accertamento in rettifica. Diversamente, decorso il termine predetto, senza che sia stato adottato alcun provvedimento da parte della P.A., il diritto al rimborso esposto nella dichiarazione si cristallizza nell'an e nel quantum, ed il contribuente potrà agire in giudizio a tutela del proprio credito nell'ordinario termine di prescrizione dei diritti, rimanendo preclusa all'Amministrazione finanziaria ogni contestazione dei fatti che hanno originato la pretesa di rimborso, salve le eccezioni volte a fare valere i fatti sopravvenuti impeditivi, modificativi od estintivi del credito”.
Secondo i Giudici, appare preferibile la soluzione propria della giurisprudenza pregressa (cfr. Cass. civ., 1144/2011 e 2918/2010), secondo cui i termini decadenziali in questione sarebbero apposti solo alle attività di accertamento di un credito dell'A.F. e non a quelle con cui la stessa contesti la sussistenza di un suo debito. Per quanto apparentemente disarmonico con il sistema, simile orientamento costituisce applicazione del principio “quae temporalia ad agendum perpetua ad excipiendum” di cui all.'art. 1442 c.c. Al contribuente, del resto, rimarrà la possibilità di impugnare in sede contenziosa il silenzio-rifiuto. |