Aree svantaggiate: le migliorie su beni di terzi non permettono il bonus
16 Giugno 2016
Investimenti in aree svantaggiate, le spese incrementative su beni di terzi rilevano solo se si dimostra che tali costi possono essere contabilizzati tra le immobilizzazioni materiali. Lo specifica la Cassazione con l'ordinanza del 13 giugno 2016, n. 12045.
Secondo la CTR, che ha rigettato l'appello delle Entrate, l'Amministrazione aveva torto nel voler recuperare il credito di imposta per investimenti in aree svantaggiate, perché a suo dire la società l'aveva indebitamente utilizzato in compensazione. L'Ufficio contestava alcune migliorie su beni di terzi, privi di autonomia funzionale; per il Giudice di appello, tuttavia, non c'erano limitazioni ai beni dell'investimento, che quindi poteva anche essere di proprietà di terzi.
La Corte di Cassazione ha però accolto le osservazioni delle Entrate. I Giudici hanno ripetuto che il beneficio per i soggetti titolari di reddito di impresa, introdotto dall'art. 8, Legge n. 388/2000, spetta per i beni strumentali, materiali e immateriali, purché nuovi e fiscalmente ammortizzabili. Si legge in ordinanza: “Le spese incrementative relative ad un immobile (nella specie detenuto, all'epoca dell'utilizzo dell'agevolazione fiscale, a titolo locatizio) rilevano, ai fini del credito d'impresa suddetto, solo se il contribuente dimostri che i relativi costi possano essere contabilizzati in bilancio tra le immobilizzazioni materiali, in quanto, trattandosi di opere aventi una loro autonoma funzionalità ed individualità, a prescindere dal bene altrui cui accedono possono essere, al termine della locazione, rimossi ed utilizzati separatamente dall'investitore, a differenza delle spese incrementative riguardanti opere prive di tali caratteristiche rispetto al bene cui accedono, da classificarsi nell'attivo dello stato patrimoniale tra le “altre immobilizzazioni immateriali” che non costituiscono beni autonomi ma, stante l'accessione su beni di terzi, meri costi deducibili”. |