Rimborso e incompatibilità con il diritto comunitario

La Redazione
16 Settembre 2016

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18048/2016, ha ricordato che con riferimento al diniego di rimborso della maggiore aliquota lrpef, il termine di decadenza, previsto dalla normativa tributaria per l'esercizio del diritto al rimborso di un'imposta che sia stata dichiarata, in epoca successiva all'indebito versamento, incompatibile con il diritto comunitario, decorre dalla data del detto versamento, e non da quella in cui è intervenuta la pronuncia che ne ha sancito la contrarietà all'ordinamento comunitario.
Con specifico riferimento al diniego di rimborso della maggiore aliquota lrpef, i Giudici della Corte hanno ricordato, con la sentenza n. 18048/2016, che: "il termine di decadenza, previsto dalla normativa tributaria (art. 38 del d.P.R. n. 602/1973) per l'esercizio, attraverso la presentazione di apposita istanza, del diritto al rimborso di un'imposta che sia stata dichiarata, in epoca successiva all'indebito versamento, incompatibile con il diritto comunitario da una sentenza della Corte di giustizia, decorre dalla data del detto versamento, e non da quella in cui è intervenuta la pronuncia che ne ha sancito la contrarietà all'ordinamento comunitario" (Cass. civ., sez. un., 16 giugno 2014, n. 13676).La vicenda nello specifico, vede l'Agenzia delle Entrate proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR Lazio, con la quale era stato rigettato l'appello proposto dall'Ufficio sul diniego di rimborso della maggiore aliquota lrpef, richiesta dal contribuente, e applicata sulle somme percepite a titolo di incentivo all'esodo alla cessazione del rapporto di lavoro. La domanda di rimborso era connessa ad una trattenuta fiscale applicata dall'Erario in relazione ad una decisione della Corte di giustizia con la quale la norma nazionale – art. 17, comma 4-bis, d.P.R. n. 917/1986 – era stata ritenuta in contrasto. In particolare l'articolo menzionato, secondo gli eurogiudici, andava a ledere il principio delle pari opportunità nel lavoro (cfr. Direttiva 76/207/CE del 1976).L'appello del contribuente veniva considerato dai giudici d'appello meritevole di accoglimento, poiché era stata ritenuta tempestiva la richiesta di rimborso, in quanto soggetta al termine biennale di cui all'art. 21 D.lgs. n. 546/1992, decorrente dalla data di pubblicazione dell'ordinanza della Corte di giustizia dell'Unione europea.Secondo l'Agenzia la Commissione regionale ha erroneamente ritenuto tempestiva la domanda di rimborso della maggiore Irpef versata dal contribuente sulla somma percepita a titolo di incentivo all'esodo. Ciò in quanto la domanda è stata presentata oltre il termine di 48 mesi dalla data del versamento dell'imposta, previsto a pena di decadenza dall'art. 38 cit., non essendo estensibili oltre la materia processuale i principi dell'overrruling.Dopo la ricostruzione dei fatti, i giudici di legittmità nel richiamare la pronuncia delle Sezioni Unite hanno ribadito che nella vicenda qui in esame, non si è affatto verificata l'eliminazione di una norma impositiva dall'ordinamento, bensì il diverso caso di "una sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea che, con effetto retroattivo, analogo a quello di una sentenza di illegittimità costituzionale, ha dichiarato in contrasto con una direttiva comunitaria self executing una norma nazionale di agevolazione fiscale, ampliandone la portata soggettiva". Alla stregua di tale principio, dalla Cassazione si giunge all'accoglimento del ricorso. La domanda di rimborso del contribuente, concludono dalla Corte, è intervenuta oltre 48 mesi dopo l'effettuazione della ritenuta alla fonte che ne costituiva l'oggetto.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.