Illegittimo l’avviso di accertamento se il settore è in crisi

La Redazione
16 Novembre 2015

Con l'ordinanza n. 22946/2015, i Giudici della Corte di Cassazione hanno confermato la sentenza della CTR sostenendo l'illegittimità dell'applicazione degli studi in considerazione del "perdurante stato di crisi" del contribuente.

Uno scostamento non rilevante tra i maggiori ricavi contestati e quanto dichiarato, unitamente alla crisi economica, non costituisce un motivo valido per applicare gli studi di settore. Ad affermarlo sono i Giudici della Cassazione (ordinanza del 10 novembre 2015, n. 22946). Giudicando nel diritto, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i motivi presentati dall'Agenzia delle Entrate contro un titolare di una ditta di autotrasporti. Secondo la CTR, lo scostamento rilevato era di circa il 21%: a parere del giudice di secondo grado, tale percentuale non era da considerarsi particolarmente grave, tanto da legittimare l'accertamento.

L'Agenzia ha proposto ricorso impugnando per questo motivo la sentenza della CTR; "del resto – affermava – il contribuente non aveva addotto motivi per dimostrare l'effettiva consistenza dei ricavi dichiarati": l'Agenzia non aveva inoltre ritenuto ammissibile la giustificazione della CTR, che aveva accolto le ragioni della parte contribuente in riferimento ad una “perdurante crisi del settore”, che costituiva un fatto notorio.

Secondo la Corte di Cassazione, però, il Giudice territoriale aveva ben valutato la situazione. La CTR, che aveva rilevato come il contribuente avesse ottemperato all'invito del contradditorio, fornendo le motivazioni (non accolte dall'Ufficio), aveva conseguentemente dichiarato illegittimo l'avviso di accertamento anche perché in esso mancavano le motivazioni specifiche “che avevano determinato nell'ufficio la decisione di disattendere i chiarimenti forniti dal contribuente e la documentazione fornita e depositata in atti”. Il ricorso dell'Erario è stato per questa ragione respinto.

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