Reati tributari e cause di non punibilità ai sensi dell'art. 13 D.Lgs. n. 74/2000

Luca Mazzanti
Loretta Loretti
17 Giugno 2016

Il D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, recante Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell'art. 8, comma 1, della Legge 11 marzo 2014, n. 23, è intervenuto radicalmente sul D.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, risistemando profondamente la materia penale tributaria. In particolare, in forza di tale novella, si è prevista una causa di non punibilità dei reati di autoliquidazione e di omessa o infedele dichiarazione, consistente nella integrale estinzione del debito erariale.
Premessa

Il D.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, recante Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell'art. 8, comma 1, della Legge 11 marzo 2014, n. 23, è intervenuto radicalmente sul D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, risistemando profondamente la materia penale tributaria.

Nel presente lavoro si analizzeranno, in particolare, le cause di esclusione della punibilità previste dalla norma di cui al novellato art. 13.

In particolare, in forza di tale novella, si è prevista una causa di non punibilità dei reati di autoliquidazione e di omessa o infedele dichiarazione, consistente nella integrale estinzione del debito erariale.

Tale importante novità segna un ulteriore passo compiuto dal Legislatore nella direzione dell'abbandono del c.d. principio del doppio binario che, tuttavia, ha suscitato, già in ambito di prima applicazione, forti critiche da parte della giurisprudenza di merito.

Inquadramento generale

In attuazione della L. 11 marzo 2014, n. 23, Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita, è stato emanato, in data 24 settembre 2015, il D.lgs. n. 158/2015, portante: Revisione del sistema sanzionatorio in attuazione dell'art. 8, comma 1, della Legge.

Il quadro internazionale evidenzia come almeno gli Stati OCSE condividano la concezione dell'obbligo contributivo quale elemento essenziale per il mantenimento dell'assetto democratico.

Nell'incipit del Rapporto sulla realizzazione delle strategie di contrasto all'evasione fiscale del 30 settembre 2014, il Ministro dell'Economia e delle Finanze evidenzia come l'evasione fiscale comporti effetti economici negativi molto rilevanti, sotto diversi e importanti profili: determina effetti distorsivi sull'allocazione delle risorse e interferisce con il normale funzionamento del mercato; altera l'equità e la progressività del sistema tributario; infine, è sinergica alla corruzione e alla criminalità economico/organizzata.

La centralità dell'obbligo contributivo è ancor più marcata nell'area dell'Unione europea, atteso che il tributo non è solo funzionale alle esigenze finanziarie del singolo Stato membro ma anche a quelle dell'intera Unione.

La recente sentenza dell'8 settembre 2015 della Grande Sezione della Corte di giustizia dell'Unione europea (nota come sentenza Taricco) ha sottolineato come la normativa di carattere penale tributario degli Stati membri debba prevedere, ai sensi dell'art. 325, paragrafi 1 e 2 del T.F.Ue, l'effettività delle sanzioni, ciò al fine di determinare effetti dissuasivi in un numero considerevole di casi di frode grave, idonei a ledere gli interessi finanziari dell'Unione europea (Cfr., sentenza Taricco, causa C-105/14, dichiarazione n. 1).

Coerentemente, quindi, la legge delega ha demandato al Governo, in forza dell'art. 8, la revisione del sistema sanzionatorio penale tributario secondo criteri di predeterminazione e di proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti atti a rendere più efficace la sanzione penale, tanto in relazione alla sua funzione punitiva, quanto in relazione al suo effetto di deterrenza, prevedendo, tuttavia, la possibilità di ridurre le sanzioni per le fattispecie meno gravi o di applicare sanzioni amministrative anziché penali, tenuto anche conto di adeguate soglie di punibilità.

È nell'ambito di tale possibilità concessa al Legislatore delegato che l'Ufficio del Massimario della Corte di cassazione colloca l'emanazione da parte del Governo dell'art. 11, comma 1, D.Lgs. n. 158/2015, che sostituisce l'art. 13 del D.lgs. n. 74/2000, oggetto del presente lavoro (cfr., Rel. N. III/05/2015 del 28 ottobre 2015, pag. 3: la finalità di riduzione delle fattispecie penali è perseguita anche attraverso il ripensamento ed una rimodulazione delle soglie di punibilità e l'individuazione di nuove ipotesi di non punibilità).

Tale impostazione, evidentemente tesa a salvaguardare la legittimità costituzionale della norma in commento, non pare tuttavia convincente, atteso il chiaro tenore letterale della delega parlamentare che consente unicamente una riduzione delle sanzioni per le fattispecie meno gravi e non, invece, la possibilità per il Legislatore delegato di prevedere, come nel caso che ci occupa, cause di esclusione della punibilità correlate a condotte riparatorie realizzate successivamente alla commissione del reato.

Peraltro, fin d'ora, è opportuno segnalare come la legittimità delle norme di cui agli artt. 13 e 13-bis sia già stata posta in dubbio dall'A.G. nazionale in relazione al loro potenziale contrasto con il combinato disposto degli artt. 4, par. 3, Tue, 325, par. 1 e 2, T.F.Ue, e con la Direttiva n. 2006/112, laddove il Legislatore interno ha escluso la punibilità dell'imputato (sia esso amministratore, rappresentante legale, delegato a svolgere funzioni di rilevanza tributaria ovvero concorrente nell'illecito), qualora l'ente dotato di personalità giuridica ad esso riconducibile abbia provveduto al pagamento tardivo dell'imposta e delle sanzioni amministrative dovute a titolo di IVA, nonostante l'accertamento fiscale sia già intervenuto e si sia provveduto all'esercizio dell'azione penale, al rinvio a giudizio, all'accertamento della rituale instaurazione del contraddittorio in sede di processo e fin tanto che non si è proceduto alla dichiarazione di apertura del dibattimento (cfr., Gip Varese, ordinanza 30 ottobre 2015 di remissione alla Corte di Giustizia Ue per rinvio pregiudiziale).

Sul punto, si è in attesa di pronuncia da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea.

Dall'originaria all'attuale formulazione dell'art. 13; verso il superamento del principio del doppio binario

L'originaria versione dell'art. 13 prevedeva che le pene previste per tutti i delitti di cui al D.lgs. n. 74/2000 fossero diminuite fino alla metà e non si applicassero le pene accessorie previste all'art. 12 se, prima dell'apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari fossero stati estinti.

Con l'intervento legislativo del 2011, a mezzo del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con L. 14 settembre 2011, n. 148, l'art. 13 del decreto subì una prima modificazione che, per ciò che qui interessa, portò ad un terzo la diminuzione della pena in forza dell'attenuante speciale ad effetto speciale ivi prevista.

Con la novella del 2011, inoltre, attraverso l'introduzione dell'art. 2-bis nel D.Lgs. 74/2000, l'integrazione dell'attenuante venne ritenuta condizione essenziale ai fini dell'ammissione al patteggiamento.

Come già sopra accennato, l'art. 11, comma 1, D.lgs. 158/2015, ha sostituito l'art. 13 del D.lgs. n. 74/2000.

La prima evidente caratteristica della novella è quella di costituire un ulteriore passo verso il superamento del principio del c.d. doppio binario, nel solco di un percorso resosi sempre più evidente in ambito sovranazionale attraverso numerose sentenze della Corte Edu (cfr., Corte Edu, Sez. II, 4 marzo 2014, Grande Stevens; Sez. IV, 20 maggio 2014, Nykanen; Sez. V, 27 novembre 2014, Lucky Dev; Sez. IV, 10 febbraio 2015, Kiiveri).

Recentemente, il tribunale di Bergamo ha emesso ordinanza avente ad oggetto domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di Giustizia europea, ritenendo che la celebrazione del processo penale potesse rappresentare una violazione del divieto di bis in idem sancito dall'art. 50 CDFUE […], interpretato alla luce dell'art. 4 prot. n. 7 CEDU e della relativa giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (Cfr., tribunale di Bergamo, ordinanza 16 settembre 2015, v. Reati tributari. Il doppio binario sanzionatorio viola il ne bis in idem?).

Per quanto riguarda il diritto domestico, si segnala la sentenza emessa dalla Sezione III della Corte di legittimità in data 18 novembre 2015, nella quale si afferma come, in caso di mancato accertamento in sede penale della sussistenza del reato tributario per non essere integrata la soglia di punibilità, non sia pregiudicata la possibilità per l'Amministrazione finanziaria di procedere all'accertamento della violazione ed alla comminazione della relativa sanzione (cfr., Cass. pen., sez. III, n. 6105 /2016).

Il che significa, a contrariis, che tale possibilità debba ritenersi inibita nel caso di accertamento della fattispecie penale.

Interessanti spunti posso trovarsi nell'ordinanza di remissione alla Corte costituzionale del tribunale di Bologna, Sez. I penale, in data 21 aprile 2015.

Al riguardo, si segnala come la Corte, con ordinanza n. 112 in data 20 maggio 2016 (v. Valido il principio del ne bis in idem per l'omesso versamento IVA), abbia restituito gli atti al tribunale di Bologna ai fini di una nuova valutazione della rilevanza della questione sollevata, alla luce delle modifiche apportate al D.lgs. n. 74/2000 dalla riforma del 2015.

Applicabilità della norma ai processi in corso

Occorre domandarsi quale sia il regime di applicabilità del novellato art. 13 ai processi in corso.

In primo luogo, è evidente come la causa di esclusione della punibilità relativa alle fattispecie di cui agli artt. 4 e 5 del D.lgs. n. 74/2000, prevista nel secondo comma della norma in commento, non possa trovare alcuna applicazione in relazione ai processi in corso, essendo evidente che l'imputato abbia necessariamente avuto formale conoscenza del procedimento penale, a meno che la sua assenza sia stata invalidamente dichiarata dal giudice di primo grado e non gli sia stato, in precedenza, validamente notificato alcun atto procedimentale.

D'altro canto, è altresì evidente che l'esimente di cui al comma primo dell'art. 13 si applichi pacificamente a tutti i processi in corso, incidendo sostanzialmente sull'irrogazione della pena.

Più problematica invece la questione circa l'applicabilità in itinere della norma di cui al comma 3 dell'art. 13.

Occorre premettere che tale disposizione, ancorché contenuta in chiusura dell'art. 13, possa trovare applicazione solo in relazione alle fattispecie di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, enunciate nel primo comma del precetto in commento, posto che la rateizzazione richiesta dal contribuente presuppone necessariamente che quest'ultimo abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni o verifiche, il che rende, evidentemente, inapplicabile la disposizione in relazione ai reati ivi enunciati nel comma 2.

Il reale problema concerne l'applicabilità del combinato disposto delle norme di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 13 nel caso il contribuente non abbia richiesto la rateizzazione del debito tributario, prima dell'entrata in vigore del precetto e venga citato a giudizio successivamente alla novella di cui si discute.

In questo caso, parrebbe incongruo non consentire all'imputato di estinguere il proprio debito nei confronti dell'erario nel termine indicato al comma 3 dell'art. 13, permettendogli così di beneficiare della causa di non punibilità prevista al primo comma.

Infatti, il contribuente non poteva certo immaginare che alla rateizzazione il Legislatore avrebbe successivamente riconosciuto effetti sostanziali in ordine alla punibilità dei reati di autoliquidazione.

Ad avviso di chi scrive, sarà quindi possibile per l'imputato che si trovi nella condizione di cui sopra richiedere al giudice la sospensione del processo al fine di consentirgli di adempiere all'obbligazione tributaria e di beneficiare così dell'esimente di cui al comma primo dell'art. 13.

Peraltro, un'analoga interpretazione è stata adottata in relazione all'istituto della messa alla prova per adulti.

Come noto, dopo un fisiologico assestamento, i giudici di merito consentono pacificamente di richiedere l'ammissione al beneficio, in occasione della prima udienza utile, anche oltre i termini previsti dall'art. 464-bis, comma 2, c.p.p., qualora le cause di decadenza ivi previste si siano verificate prima dell'entrata in vigore della novella.

Natura della causa di non punibilità

In primo luogo, occorre domandarsi se la nuova causa di non punibilità, la cui ratio è evidentemente quella della monetizzazione della responsabilità penale tributaria (FIMIANI e IZZO), costituisca una causa obiettiva di non punibilità che – ai sensi dell'art. 119, comma 2, c.p. – ha effetto per tutti coloro che sono concorsi nel reato ovvero si limiti a spiegare i propri effetti unicamente in favore del soggetto che abbia proceduto ad estinguere il proprio debito tributario.

La dottrina è orientata nel senso di ritenerla pacificamente una causa oggettiva di non punibilità (MASTROGIACOMO) e ciò in base alla formulazione letterale del precetto, la quale non contiene alcuna specificazione in ordine alla valenza unicamente soggettiva dell'esimente (MASTROGIACOMO), nonché in considerazione della natura oggettiva già riconosciuta alle cause di non punibilità previste dalle norme in tema di scudi fiscali (ROSSI).

Tale indirizzo trova ulteriore conferma nella norma di cui all'art. 1, comma 5, L. 15 dicembre 2014, n. 186, legge istitutiva della c.d. Voluntary Disclosure.

Essa prevede espressamente che l'esclusione della punibilità operi nei confronti di tutti coloro che hanno commesso o concorso a commettere i delitti ivi indicati.

Conferma ulteriormente la natura obiettiva dell'esimente la citata ordinanza di remissione alla Corte di giustizia dell'Unione europea del Gip di Varese, essendo ivi ritenuta pacifica l'estensione all'imputato della causa di non punibilità nel caso il debito tributario sia stato estinto dall'ente che l'imputato rappresenti organicamente.

I reati di autoliquidazione e la causa di non punibilità

In relazione alle fattispecie di autoliquidazione (artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, D.Lgs. n. 74/2000), la causa di non punibilità opera qualora il debito tributario sia stato estinto prima dell'apertura del dibattimento con qualsiasi modalità, ivi inclusa quella del ravvedimento operoso.

Il comma 3 dell'art. 13 specifica che, qualora la pretesa erariale sia stata oggetto di rateizzazione, l'effetto estintivo si verifichi unicamente qualora, nel termine di tre mesi, prorogabili dal giudice una sola volta per altri tre mesi, il contribuente estingua integralmente il debito residuo.

In tal caso, il corso della prescrizione rimane sospeso.

È evidente che il Legislatore abbia privilegiato le finalità di monetizzazione della responsabilità penale rispetto all'obiettivo della compliance animata da spontaneità che ha costituito il leit motiv della normativa in tema di Voluntary Disclosure (SGUBBI – MAZZANTI – LORETTI).

Tale scelta appare, peraltro, coerente con le gradazioni di disvalore attribuite dal Legislatore alle varie categorie di reati tributari, laddove i reati connessi all'autoliquidazione sono caratterizzati da minore offensività rispetto a quelli mediani di infedele o omessa dichiarazione ed a quelli, massimamente offensivi, caratterizzati da frode.

La spontaneità della condotta riparatoria, come si vedrà infra (cfr., par. successivo) è infatti requisito necessario per l'attivazione della causa di non punibilità prevista dal comma 2 dell'art. 13 del D.lgs. n. 74/2000 in relazione ai fatti di omessa e infedele dichiarazione, mentre il Legislatore delegato non ha attribuito alcuna rilevanza in ambito penale a eventuali condotte riparatorie relative ai reati di frode fiscale.

Sempre in relazione alla norma di cui all'art. 13, comma 3, D.lgs. n. 74/2000, è opportuno segnalare come il tribunale di Treviso, con ordinanza in data 23 febbraio 2016, abbia sollevato questione di legittimità costituzionale di tale disposizione, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui prevede che qualora, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, il debito tributario sia in fase di estinzione mediante rateizzazione è dato un termine di tre mesi per il pagamento del debito residuo, con la facoltà per il Giudice di ‘prorogare tale termine una sola volta per non oltre tre mesi' e non consente, invece, in determinati casi, di concedere un termine più lungo coincidente con lo scadere del piano di rateizzazione (cfr., ordinanza del tribunale monocratico di Treviso, in data 23 febbraio 2016, pag. 8).

Peraltro, profili di criticità posso emergere in relazione alla possibilità di individuare con sufficiente certezza l'ammontare del debito tributario in sé ovvero del debito tributario residuo nel caso in cui, in sede di erogazione di sanzioni, l'Amministrazione finanziaria abbia applicato il criterio del cumulo giuridico, in relazione a plurime annualità e/o in relazione a diverse fattispecie impositive.

Chi scrive ritiene che il giudice possa stabilire autonomamente il preciso ammontare del debito residuo.

I reati di omessa e infedele dichiarazione e la causa di non punibilità

La norma di cui all'art. 13, comma 2, consente un exit solo per condotte che violino l'integrità alla percezione dell'imposta sic et simpliciter e non per condotte a carattere fraudolento.

In relazione ai reati di omessa e infedele dichiarazione, il Legislatore delegato ha previsto che l'effetto ablativo della punibilità debba necessariamente essere connesso alla spontaneità del pagamento da parte del contribuente.

Infatti, il ravvedimento operoso ovvero la presentazione di dichiarazione entro il periodo d'imposta successivo a quello della violazione devono intervenire prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

Sono cause ostative amministrative la formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo; costituisce causa ostativa di carattere penale la formale conoscenza della sussistenza di un procedimento penale.

Quanto alle cause ostative amministrative, in sintesi, si veda quanto segue.

L'art. 52, comma 1, del d.P.R. n. 633/1972 prevede, in tema di IVA, il potere dell'amministrazione finanziaria di disporre l'accesso d'impiegati […] nei locali destinati all'esercizio d'attività commerciali, agricole, artistiche o professionali, nonché in quelli utilizzati dagli enti non commerciali e da quelli che godono dei benefici di cui al D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460 [n.d.a., le ONLUS], per procedere ad ispezioni documentali, verificazioni e ricerche di ogni altra rilevazione ritenuta utile per l'accertamento dell'imposta e per la repressione dell'evasione e delle altre violazioni.

L'art. 33, comma 1, d.P.R. 600/1973, estende alla materia delle imposte dirette i poteri di cui all'art. 52 del d.P.R. 633/1972.

Le altre attività di accertamento amministrativo sono elencate nell'art. 51, comma 2, d.P.R. n. 633/1972, in materia di Iva e nell'art. 32 d.P.R. 600/1973 in materia di imposte dirette.

Esse sono costituite da inviti rivolti dall'Amministrazione finanziaria ai contribuenti a comparire per l'esibizione di documenti e per fornire dati, notizie o chiarimenti nonché dall'invito ai medesimi contribuenti alla compilazione di questionari relativi a dati rilevanti ai fini dell'accertamento.

L'Agenzia delle Entrate, nella Circolare n. 10/E del 13 marzo 2015, emanata in materia di Voluntary Disclosure, ha specificato che l'effetto preclusivo si manifesta allorquando al contribuente sia notificato un avviso di accertamento o un invito al contraddittorio (cfr., Circolare n. 10/E del 13 marzo 2015, p. 28).

Inoltre, secondo l'Agenzia delle Entrate, l'effetto preclusivo si verificherebbe anche per la consegna di un processo verbale di constatazione con esito positivo.

La giurisprudenza formatasi in relazione ai condoni ed agli scudi fiscali è, però, contraddittoria.

Secondo Cass. civ., 18 dicembre 2014, n. 26702, la consegna al contribuente di un processo verbale di constatazione redatto all'esito di una verifica della Guardia di Finanza ‘con esito positivo' rende inoperante la definizione automatica per l'anno a cui si riferisce atteso che la consegna determinerebbe comunque la piena conoscenza dell'atto da parte del destinatario.

Secondo un'altra pronuncia (cfr., Cass. civ., 12 febbraio 2013, n. 3359), invece, l'omessa rituale notificazione con esito positivo del processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza non può essere surrogata dalla semplice consegna manuale del detto documento (cfr., si veda anche, in senso conforme CTP Liguria - Genova Sez. XIX, 16 marzo 2005, n. 23).

Per completezza, si richiama la Relazione n. III/5/2015 dell'Ufficio del Massimario della Cassazione in materia di revisione del sistema sanzionatorio tributario ove, a pag. 44, si sostiene che la mera presenza fisica degli organi accertatori presso il luogo del contribuente, con contestuale consegna dell'atto che legittima l'accesso, l'ispezione, la verifica, ovvero la notifica o comunicazione di un qualsiasi atto posto ad inizio all'accertamento fiscale sono sufficienti ad integrare il requisito della formale conoscenza.

Con riferimento, invece, alle cause ostative penali, l'Agenzia delle Entrate, sempre in tema di Voluntary Disclosure, ha specificato come non costituisca causa ostativa l'inserimento del nominativo del contribuente nel registro generale delle notizie di reato (cfr., Circolare 10/E del 2015, par. 3, p. 30).

La Relazione del Massimario della Cassazione, già citata, si esprime nel senso di ritenere integrante la formale conoscenza di un procedimento penale l'informazione di garanzia, l'avviso di conclusione e la richiesta di proroga delle indagini preliminari, l'invito a comparire per rendere interrogatorio, la fissazione dell'udienza a seguito di opposizione alla richiesta di archiviazione, i decreti di sequestro, le ordinanze relative a misure cautelari personali, il decreto penale di condanna e gli atti di vocatio in jus.

Quanto sopra appare evidente; meno ovvio è, invece, stabilire se il verbale di identificazione, redatto ai sensi dell'art. 161 c.p.p., non associato ad un'informazione di garanzia, integri il presupposto della formale conoscenza ostativa all'applicazione dell'esimente di cui all'art. 13, comma 2, D.lgs. 74/2000.

La risposta, secondo chi scrive, è sicuramente negativa, e ciò in quanto il verbale di identificazione, privo della formalizzazione dell'incolpazione, non reca una descrizione dei fatti reato oggetto di iscrizione nel registro degli indagati né l'indicazione del tempus commissi delicti, contenendo unicamente il titolo del reato per cui si procede.

Secondo chi scrive, si deve ritenere che non osti al riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'art. 13, comma 2, D.lgs. 74/2000, il fatto che il contribuente abbia provveduto ad estinguere il debito tributario connesso alla infedele o omessa dichiarazione successivamente all'identificazione effettuata ai sensi dell'art. 161 c.p.p..

Naturalmente, occorre attendere come, sul punto, si atteggerà la giurisprudenza.

Neppure la richiesta di un certificato delle iscrizioni nel registro degli indagati ai sensi dell'art. 335 c.p.p., dovrebbe ritenersi sufficiente ad integrare, in capo al contribuente, la formale conoscenza della causa ostativa penale; infatti, tali certificati, sebbene riportino il titolo del reato per cui si procede ed il tempus commissi delicti, non contengono alcuna descrizione del fatto reato, talché tale certificato dovrebbe ritenersi privo dei requisiti minimi atti ad integrare la formale conoscenza del procedimento.

Occorrerà valutare, tuttavia, con estrema prudenza, e caso per caso, l'opportunità di chiedere un certificato ex art. 335 c.p.p. qualora si ipotizzi la sussistenza di uno dei reati previsti dagli artt. 4 e 5 del D.lgs. n. 74/2000.

Non si ritiene, in questo lavoro, di spendere parole in ordine alla idoneità del c.d. fatto notorio ad integrare la causa ostativa penale.

Ciò che pare davvero un'aberrazione concettuale (SGUBBI – MAZZANTI – LORETTI ).

In conclusione

La novella introdotta dal D.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, persegue la finalità di rendere maggiormente efficace la tutela penale in ambito tributario.

Tale esigenza è attualmente avvertita come primaria non solo a livello nazionale ma, come si è osservato nel presente lavoro, anche nel contesto dell'Unione europea e della Comunità OCSE.

Il Legislatore delegato, accanto all'inasprimento delle sanzioni che assistono il precetto penale, ha adottato misure tese a limitare ad un numero sostenibile di procedimenti la cognizione dell'A.G.

Rientra tra queste misure il precetto di cui all'art. 13 D.Lgs. n. 74/2000.

Appare chiaro come, attraverso tale disposizione, sia stato privilegiato l'interesse statale – e sovranazionale – all'integrale percezione del tributo piuttosto che quello alla repressione dell'illecito penale.

La giurisprudenza di merito (e segnatamente il Gip di Varese) si è mostrata preoccupata circa gli eventuali riflessi del precetto in relazione alla deterrenza dell'impianto penale tributario, rilevandone la potenziale non conformità al T.F.Ue.

È tuttavia da osservare come l'esimente, potendo trovare applicazione solo a seguito dell'integrale assolvimento dell'obbligo contributivo, non intacchi in alcun modo gli interessi finanziari dell'Unione europea.

È auspicabile, pertanto, che gli aspetti sostanzialmente positivi che caratterizzano la norma in commento non vengano posti nel nulla in conseguenza del potenziale carattere di illegittimità sopra evocato nonché dell'ulteriore potenziale profilo di illegittimità costituzionale per eccesso di delega.

Fonte: ilpenalista.it

Guida all'approfondimento

FIMIANI e IZZO, Gli effetti in “bonam partem” della riforma dei reati tributari, in Dir. pen. cont., 14;

MASTROGIACOMO, Disposizioni comuni. Commento agli artt. 13 e 13-bis d.lgs. 74/200 mod. d.lgs. 158/2015, in CARACCIOLI (a cura di), I nuovi reati tributari, Giuffrè, 2016, 269-270;

ROSSI, Condono 2003: non punibili tutti i concorrenti nel reato, in Fisco, 14/2003, 1-2146;

SGUBBI, MAZZANTI, LORETTI, Le cause ostative, in SGUBBI - MAZZANTI - MICOCCI – SALMINA, La Voluntary Disclosure - Profili Penalistici, Piacenza, 2015, 101 e ss.

Sommario