Frode carosello: detraibile l'IVA in rivalsa

La Redazione
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19 Aprile 2016

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 7472/2016, ha confermato che affinché l'Amministrazione possa negare il diritto alla detrazione dell'IVA assolta in rivalsa, dovrà provare la frode del cedente e la corresponsabilità del cessionario. In mancanza la contestazione sull'indetraibilità dell'IVA pagata sugli acquisti è priva di fondamento.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 7472/2016, ha ricordato che in tema di imposte sui redditi ai sensi dell'art. 14, comma 4-bis, della L. n. 537/1993, sono deducibili i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti, salvo che si tratti di costi in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità oppure di costi relativi a beni o servizi utilizzati per il compimento di un delitto non colposo.

Nella controversia in esame l'Amministrazione ricorrente lamenta che i giudici della CTR per giustificare il diritto alla detrazione dell'IVA assolta sull'acquisto, adducono il regolare versamento dell'imposta stessa, mentre, in presenza di un'operazione soggettivamente inesistente – venendo meno il requisito dell'inerenza, con conseguente non riconoscibilità della detrazione – , avrebbero dovuto indurre a non ritenere detraibile l'IVA in esame. La CTR fonda la sua decisione sulla mancanza della prova di due elementi essenziali:

  • inesistenza dell'operazione;
  • fine evasivo.

La Corte Suprema in primis ricorda una precedente pronuncia n. 25778/2014, la quale sottolinea che in materia di IVA "allorché l'Amministrazione finanziaria contesti il diritto del contribuente a portare in detrazione l'IVA, assumendo l'esistenza di una fatturazione relativa ad operazioni oggettivamente inesistenti, ha l'onere di provare [...] che le operazioni non sono state effettuate o, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, che il contribuente, al momento in cui ha acquistato il bene o il servizio, sapeva, o avrebbe dovuto sapere, secondo l'ordinaria diligenza, di partecipare ad una operazione fraudolenta posta in essere da altri soggetti".

Dunque si evince che nel caso di frode carosello, l'Amministrazione finanziaria che intenda negare il diritto alla detrazione dell'IVA assolta in rivalsa, dovrà provare sia la frode del cedente sia la corresponsabilità del cessionario, spettando poi al contribuente, a fronte di queste dimostrazioni, provvedere alla prova contraria.

La contestata evasione fiscale è ravvisabile nel fatto che il venditore non avrebbe corrisposto all'erario l'IVA regolarmente riscossa, il fatto non è certo imputabile all'acquirente che non ha alcuna responsabilità nell'obbligazione altrui. Sul punto anche la Corte di Giustizia Europea ha affermato che "sussiste il diritto di dedurre l'IVA pagata a monte anche quando nella catena delle cessioni si sia inserita, senza che il soggetto passivo lo sappia o possa saperlo, un'altra operazione inficiata da frode all'IVA". I Giudici concludono ravvisando che tale contestazione sull'indetraibilità dell'IVA pagata sugli acquisti è priva di fondamento.