Donazione/vendita: lo scopo elusivo si attua anche mediante operazioni effettive e reali

La Redazione
18 Luglio 2016

In tema di accertamenti in rettifica ai fini IRPEF, gli Uffici ai sensi dell'art. 37 d.P.R. n. 600/1973, possono avvalersi della "prova per presunzione", la quale presuppone la possibilità logica di infierire da un fatto noto e non controverso, il fatto da accertare. Il carattere reale, e non simulato, dell'operazione di vendita e l'effettiva percezione del prezzo da parte dei venditori/donatari, non sono sufficienti ad escludere lo scopo elusivo dell'intera operazione negoziale posta in essere, nella sequenza donazione-vendita. Questo quanto espresso dalla Corte con la sentenza n.14470/2016.

È stato più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità che nel caso di operazioni elusive e imposte sui redditi vi è la possibilità di dichiarare inopponibili all'amministrazione finanziaria – in applicazione di un principio generale antielusivo desumibile dall'art. 53 Cost. – i benefici fiscali derivanti dalla combinazione di operazioni a ciò volte.

I Giudici della Corte, con sentenza n. 14470/2016, hanno accolto il ricorso dell'Agenzia, la quale aveva ritenuto che ci fosse simulazione nell'atto di donazione avvenuto tra i contribuenti. Nel dettaglio si è trattato di un meccanismo negoziale caratterizzato dalla donazione di un terreno da parte di un genitore ai figli, pochi giorni prima della vendita ad un terzo, poi effettuata da quest'ultimi, ritenuti soggetti fittiziamenti interposti. La preventiva stipula – secondo la ricorrente – sarebbe stata fatta al fine di di ottenere un valore di provenienza del terreno più vicino possibile a quello della successiva vendita, realizzando così una plusvalenza minima, grazie all'interposizione fittizia.

Dal canto suo la CTR aveva accolto le ragioni del contribuente ritenendo che nell'ipotesi di compravendita simulata per interposizione fittizia dell'acquirente, l'accordo simulatorio esige il concorso della volontà, oltre che del venditore, sia dell'acquirente effettivo che di quello apparente, sicché l'acquirente effettivo pur non configurando fra i soggetti della compravendita simulata, è parte del contratto dissimulato, con l'ulteriore conseguenza che, se intende avvalersi dello stesso, deve sottostare al regime probatorio di cui all'art. 1417 c.c.. In sintesi si può meglio chiarire che i giudici d'appello hanno ritenuto che l'Ufficio avrebbe dovuto fornire una prova certa, nel senso che avrebbe dovuto provare che i rogiti notarili erano stati posti in essere "in mancanza di volontà delle parti". Prova ritenuta dalla Corte "diabolica".

La disciplina antielusiva dell'interposizione

L'art. 37 del d.P.R. n. 600/1973 non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, è infatti sufficiente che ci sia un uso ingiustificato, improprio o deviante di un legittimo strumento giuridico, tale da consentire di eludere l'applicazione del regime fiscale costituente il presupposto di imposta. Da qui ne consegue che il fenomeno della simulazione relativa non esaurisce il campo di applicazione della norma, ben potendo attuarsi lo scopo elusivo anche mediante operazioni effettive e reali.

Alla luce di quanto sinora detto il carattere reale, e non simulato, dell'operazione di vendita e l'effettiva percezione del prezzo da parte dei venditori/donatari, non sono sufficienti ad escludere lo scopo elusivo dell'intera operazione negoziale posta in essere, nella sequenza donazione-vendita.

"L'Amministrazione finanziaria, quale terzo interessato alla regolare applicazione delle imposte, è legittimata a dedurre la simulazione assoluta o relativa dei contratti stipulati dal contribuente, o la loro nullità per frode alla legge, ivi compresa la legge tributaria, la relativa prova può essere fornita con qualsiasi mezzo, anche presunzioni".

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