Rottamazione dei ruoli: vantaggi e criticità

Saverio Capolupo
24 Ottobre 2016

Tra le misure fiscali di fine anno è prevista anche la c.d. rottamazione delle cartelle di pagamento inviate da Equitalia. La soppressione dall'agente di riscossione, nonché i provvedimenti che detteranno l'incorporazione nell'Agenzia delle Entrate, impongono un'analisi organica sul superamento di alcune criticità la cui soluzione appare difficile e foriera, nel contempo, anche di ingiustificate discriminazioni. Vantaggi, complessità, valutazioni sul presunto gettito e abbandono del formalismo si accompagnano nella direzione di un'auspicata revisione globale della disciplina vigente.
Premessa

Per comprendere le motivazioni che hanno, probabilmente, indotto il Governo a prevedere la soppressione di Equitalia e la sua incorporazione nell'Agenzia delle Entrate occorre muovere dall'entità delle insolvenze dei crediti, tributari e non, vantati nei confronti dei cittadini ed oggetto di critiche da parte sia del Fondo Monetario internazionale che dell'OCSE.

L'idea, peraltro, non è affatto innovativa atteso che la c.d. rottamazione delle cartelle esattoriali, che sta alimentando molte aspettative nei contribuenti in genere ma soprattutto in quelli che hanno in atto un rapporto con Equitalia, era stata già ipotizzata dai precedenti Governi.

Nella versione del 2014, ad esempio, era stato previsto che il contribuente non versasse gli interessi con l'obbligo di pagare l'intero importo dell'imposta, dei dazi e dei tributi propri dell'Unione europea nonché le sanzioni derivanti dalle condanne della Corte dei conti.

I risultati sono stati modesti sul piano quantitativo e non hanno apportato concreti miglioramenti nella gestione della riscossione.

Relativamente alle osservazioni degli Organismi internazionali, le stesse hanno evidenziato differenti profili riguardanti la struttura di Equitalia, i suoi poteri, i limiti legislativi, ecc. In un quadro certo già non confortevole si sono sommati i rilievi degli esperti che hanno ravvisato nella procedura di riscossione una eccessiva rigidità sovente assistita da numerose ed ingiustificate misure cautelari provvisoriamente adottate senza un preventivo vaglio giudiziale.

A fattor comune, poi, è stata rilevata l'eccessiva onerosità dell'aggio della riscossione, ingiustificatamente troppo elevato, tramutatosi troppo spesso in una ingiustificata sanzione aggiuntiva impropria.

Le criticità

Prescindendo dalle cause che hanno portato all'elevato livello di insoluti, non riscontrabile in nessun altro Paese – atteso che vengono utilizzati regimi della ritenuta alla fonte per agevolare il pagamento delle imposte per un notevole numero di contribuenti – è certo che molte delle critiche sono oggettivamente fondate tanto da poter ritenere che l'intervento sia addirittura tardivo.

In mancanza di un testo definitivo, non è possibile una valutazione compiuta né, in questa sede, è importante affrontare la portata delle differenti valutazioni sulla natura dell'intervento Governativo al fine di verificare se trattasi di un vero e proprio mini condono (più o meno mascherato) ovvero di mera agevolazione.

Ovviamente, l'adozione dell'una o dell'altra soluzione non inciderà soltanto sull'entità del gettito ma anche su aspetti differenti, non ultimo quello della deterrenza.

Appare certo, però, che il futuro provvedimento dovrà superare ostacoli non indifferenti tenuto conto che, attualmente, Equitalia esercita funzioni che, nel tempo, si sono ampliate forse a dismisura rispetto alle proprie capacità operative, tanto che riscuote tributi per soggetti diversi dall'Agenzia delle Entrate e dall'INPS (enti che la controllano) per conto dell'Agenzia delle Dogane, delle Regioni, delle Province, dei comuni, dei consorzi idrici e degli Ordini professionali. Eterogeneità di funzioni che mal si concilia con la sua natura giudica.

Ed è proprio sotto tale aspetto che devono essere superate numerose criticità la cui soluzione, tuttavia, appare difficile e foriera, nel contempo, anche di ingiustificate discriminazioni.

La prima riguarda l'estensione dell'agevolazione ai crediti IVA – la cui entità è notevole – sui quali incombe il controllo dell'Unione Europea trattandosi di una risorsa propria. Considerato che il credito è composto dall'imposta, dalle sanzioni amministrative e dagli interessi di mora, non credo sia sufficiente, per superare l'ostacolo comunitario, affermare che il beneficio lascia impregiudicata la riscossione del tributo.

D'altra parte, i precedenti della Corte di Giustizia in materia di condono devono far riflettere gli estensori del provvedimento normativo se si vuole evitare di incorrere nel rigore dei controllori comunitari e, conseguente, avvio di procedure contenziose con Bruxelles.

Sullo specifico punto, poi, non può sfuggire che solo alcuni Comuni utilizzano Equitalia per riscuotere il loro crediti mentre altri vi provvedono autonomamente. Di qui una doppia difficoltà. La prima riguarda il rischio di invadere l'autonomia impositiva e fiscale degli enti locali.

Non sembra possibile che, con un provvedimento legislativo, si possano annullare i crediti, in tutto o in parte, anche a voler prescindere – ma non è certamente irrilevante – dalla possibile differente natura giuridica dei crediti stessi (IMU, Tasi, tasse automobilistiche) senza considerare che alcuni derivano addirittura dalla irrogazione di sanzioni per violazioni al codice della strada.

Ma anche a voler accedere a tale soluzione resta la sperequazione con i debitori la cui obbligazione è gestita da enti diversi da Equitalia a meno che non venga individuato un meccanismo, incentivante, tale da indurre i Comuni ad aderire alla procedura di rottamazione, ipotesi, tuttavia, che non alimenta ottimismo tenuto conto delle gravissime carenze finanziarie degli enti locali a meno, fatta salva l'ipotesi di una compensazione.

Il presunto gettito

Tali considerazioni, in diversi ambienti, inducono anche a ritenere che il presunto gettito – stimato in circa quattro miliardi e mezzo – difficilmente potrà essere raggiunto.

Al riguardo, se si considerasse l'entità dei crediti da riscuotere, detta somma potrebbe essere ritenuta addirittura sottostimata ma non deve sfuggire che, stando alle stesse indicazione dei vertici di Equitalia, l'importo dei crediti riscossi, almeno finora, si è aggirato intorno al 5-6% dell'ammontare complessivo.

In sostanza, la previsione va considerata come tale ma non sembra supportata da valutazioni di carattere tecnico giuridico quantunque la certezza di dover pagare solo le imposte e gli interessi legali costituisca certamente una buona base di partenza.

Si ritiene che l'indicato presunto gettito muova dal presupposto che i crediti a titolo di imposta, contributi previdenziali ed assistenziali effettivamente riscuotibili si aggirano intorno ai 42,5 miliardi di euro. Conseguentemente, ipotizzando un'adesione del 10% (ritenuta comunque pessimistica da alcuni ambienti …) si conseguirebbe un gettito intorno ai 4,5 miliardi di euro.

Sul piano teorico i conti sembrerebbero fondati; sarà necessario, però, verificare i risultati conseguiti nella realtà considerato che molti dei mancati pagamenti si riferiscono a imposte indicate nelle dichiarazioni annuali ai fini delle imposte sul reddito e dell'IVA oltre che, in misura minore, ai contributi previdenziali ed assistenziali, ma non versati per mancanza di liquidità.

Al riguardo, non può essere sottaciuto che, da un lato, i poteri di Equitalia per garantire la riscossione dei crediti tributari sono stati limitati progressivamente dal legislatore, frutto di scelte politiche adottate certamente in un momento di crisi di liquidità dell'economia; dall'altro, queste limitazioni ostacolano notevolmente la capacità di garantire la riscossione delle imposte dovute.

Su tale aspetto si sono accentrate le critiche degli Organismi internazionali in precedenza citati i quali, pur comprendendo le ragioni finalizzate al sostegno dei debitori in difficoltà economiche, non hanno mancato di rimarcare che tali scelte hanno favorito una cultura di evasione da riscossione che giustificherebbe l'elevato stock di crediti in essere.

Indubbiamente, pur con alcune riserve sul contenuto delle affermazioni, è indubbio che il quadro giuridico di riferimento non aiuta a formare una cultura di etica fiscale laddove il debito può essere rateizzato fino a 120 rate ed il numero massimo delle rate non pagate che non comporta la perdita dell'agevolazione è fissato nel numero di cinque.

Parimenti, non aiutano i limiti previsti per le procedure per il sequestro e le vendite all'asta dei beni immobili ovvero la quota (1/10) dello stipendio o della pensione che può essere assoggettata ad azione di pignoramento.

La necessità di un intervento globale

Senza continuare sullo specifico punto, si è dell'avviso che la rottamazione dei ruoli e la soppressione di Equitalia possono essere condivise soltanto se i relativi provvedimenti siano accompagnati da una revisione globale della disciplina vigente in materia.

Le rateizzazioni sono certamente utili e da adottare addirittura in modo automatico in determinate circostanze ed al verificarsi di presupposti normativamente individuati; è evidente, però, che occorre, al riguardo, considerare almeno due fattori costituiti dalla storia del contribuente e dalla sua situazione economico patrimoniale, cioè della sua capacità di poter assolvere l'obbligazione tributaria. Sarebbe auspicabile, quindi, che il legislatore adeguasse la disciplina interna dei piani di riscossione alle migliori pratiche internazionali

Uno dei punti nevralgici riguarda la individuazione dei criteri da seguire nel perseguire il mancato adempimento dell'obbligazione tributaria. Il nostro sistema, notoriamente, è fortemente condizionato da una cultura giuridica di civil law, connotata da un eccessivo formalismo che, sovente, si rivela un vero ostacolo nel perseguire gli evasori. È questa una caratteristica che connota l'intero procedimento di accertamento e di riscossione che deve essere riconsiderata se, in futuro, si vogliono conseguire risultati positivi.

Nessun dubbio sulla necessità ed opportunità di implementare la compliance – termine ormai ampiamente abusato – con iniziative e provvedimenti che tengano in adeguato conto le esigenze di una parte consistente dei contribuenti. Ma è altrettanto evidente la necessità di tutelare l'altra categoria di contribuenti, cioè coloro che assolvono correttamente e tempestivamente le loro obbligazioni senza ricorrere a stratagemmi per sottarsi o, comunque, dilatare il più possibile il loro adempimento. Come dire evitiamo di premiare sempre i furbi!

Sotto tale aspetto va affrontato il tema delle rate scadute e non pagate per le quali si potrebbe prevedere una riammissione ai piani di dilazione dei pagamenti. L'accesso sarà subordinato al preventivo pagamento delle rate scadute oppure azzeriamo tutto per ricominciare come se nulla fosse successo?

E qui scatta un mero calcolo di convenienza tenuto conto che, per il passato, occorre pagare anche la sanzione e gli interessi di mora mentre per il futuro sarebbero dovuti solo l'imposta e gli interessi legali.

Esiste, poi, il problema della conciliazione che è stata di recente ampliata tanto da poter essere esperita anche in appello. Dovrà essere chiarito, in merito, se la rottamazione riguarda o meno anche i debiti per i quali sia stata chiesta l'applicazione di tale istituto. Qualunque sarà la soluzione accolta non mancheranno le critiche atteso che il contribuente potrebbe avere la convenienza ad abbandonare la conciliazione per adire aderire alla nuova agevolazione in quanto meno onerosa o viceversa.

Parallelamente, non è da escludere che per le rate in scadenza i debitori potrebbero porsi in una situazione di attesa, cioè di sospendere il loro pagamento al fine di poter verificare, una volta noto il provvedimento legislativo, la soluzione più conveniente. Ove tale ipotesi fosse concreta, le ricadute di gettito sarebbero inevitabili.

L'auspicio resta quello di individuare una soluzione che, da un lato, non determini eccessive discriminazioni a vantaggio dei soliti furbi; dall'altro, che il provvedimento abbia successo, se non altro per le note esigenze di cassa.

L'attuale sistema non è adeguato né alla situazione economica generale né ad un'adeguata tutela dei contribuenti e degli enti creditori.

La disciplina della riscossione non può fare leva soltanto sul sistema sanzionatorio fino a prevedere conseguenze giuridiche più del doppio dell'imposta non versata, in palese violazione di un principio elementare del diritto tributario e, cioè, una sanzione che sia proporzionale al danno e/o pericolo di danno causato dal contribuente.

La sanzione, in sostanza, dovrebbe essere un rimedio patologico e non un criterio ordinario di intimidazione in chiave di deterrenza.

Occorre, in sostanza, agire soprattutto in chiave di prevenzione e questo risultato può essere ottenuto utilizzando in modo più ampio, ad esempio, il principio delle ritenute alla fonte ovvero regimi di pagamento anticipato.

L'abbandono del formalismo

Residuano altre criticità da eliminare se si vuole evitare per il futuro il ripetersi di situazioni analoghe a quelle attualmente esistenti. Innanzitutto, occorre introdurre un principio di priorità basato su un'analisi di rischio nonché un limite temporale breve per l'avvio dell'attività di riscossione, anche coattiva.

Il lasso di tempo intercorrente tra la nascita dell'obbligazione tributaria e l'inizio della fase della riscossione attualmente è eccessivamente lungo, addirittura il triplo di quanto previsto in altri ordinamenti.

L'analisi di rischio, però, esige l'esistenza di alcuni presupposti in mancanza dei quali si rischia di pervenire a conclusione del tutto errate. Intelligence ed interoperabilità delle banche dati in uso nella pubblica amministrazione sono requisiti essenziali ma, allo stato attuale, molte informazioni non sono accessibili per un senso di eccessiva riservatezza (o gelosia) con evidenti ricadute negative sia sulla qualità dell'analisi sia sul loro aggiornamento. Basti pensare, ad esempio, che mentre l'Agenzia delle Entrate ha accesso alle informazioni sui saldi e sulle transazioni bancarie sui conti correnti ai fini ispettivi tale potere non è ma stato attribuito ad Equitalia.

Occorre accordare, pertanto, ai funzionari la possibilità di predisporre un piano basato su alcuni indici di pericolosità e di effettiva riscossione, frutto dell'accennata analisi, da approvare ad un livello superiore.

Ridurre la burocrazia, ampliare la discrezionalità ma prevedere un ferreo sistema di controlli affidato ad un organismo terzo ed indipendente.

L'efficienza ha un costo elevato non solo in termini di retribuzione ma anche di rischio il quale, però, potrà essere ridotto a dimensioni fisiologiche ponendo precisi paletti nel senso di fissare compiti, ruoli, responsabilità e attività di controllo.

Ai funzionari si deve chiedere efficienza e trasparenza ma occorre assicurare loro anche una doverosa tutela se non altro per evitare il rischio della responsabilità contabile e i conseguenti procedimenti dinanzi alla Corte dei conti per danno erariale. Diversamente si continuerà a privilegiare il profilo formale anziché quello sostanziale.

In conclusione

Un'ultima considerazione.

Per risolvere i problemi fiscali non sarà sufficiente abolire Equitalia e rottamare i ruoli non riscuotibili in quanto il problema, in termini strategici, è più complesso poiché andrebbe rivista l'intera struttura dell'Amministrazione finanziaria alla luce anche delle indicazioni provenienti dal Fondo Monetario internazionale e dall'OCSE.

Come ho più volte sottolineato è necessario affidare la gestione dell'obbligazione tributaria per l'intero procedimento ad un solo attore istituzionale (affidare la fase dell'accertamento e quella della riscossione in capo ad un solo soggetto) per differenti ragioni, anche in termini di valutazione dell'efficienza dell'amministrazione.

Mentre la fase dei controlli esterni e delle indagini – che hanno natura ispettiva – in un'ottica di distinzione va delegata alla responsabilità della Polizia economico finanziaria.

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