Necessario il dolo specifico per la responsabilità del prestanome

La Redazione
21 Aprile 2016

Per condannare un prestanome di una società della distruzione della contabilità o della sua omessa tenuta è necessario che venga provato il dolo specifico. È questo quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 15900/2016.

Non necessariamente il prestanome di una società può essere condannato per la distruzione della contabilità, o più semplicemente per la sua omessa tenuta: perché ciò sia possibile, bisogna anche provare il dolo specifico. A dirlo è la Corte di Cassazione, con la sentenza del 18 aprile 2016, n. 15900, in accoglimento del ricorso presentato da un contribuente, legale rappresentante di una società, precedentemente condannato a sei mesi di reclusione.

Secondo quanto affermato dal ricorrente, egli era un mero prestanome, che non poteva saper nulla in merito alla mancata tenuta della contabilità aziendale. Secondo i giudici della Suprema Corte, il ricorso del contribuente era legittimo: il reato contestato richiede infatti un elemento soggettivo – il dolo specifico – e la responsabilità penale dell'amministratore può avvenire solo se ricorre anche tale elemento; l'essere il prestanome non è una condizione sufficiente. Serve dunque un dolo specifico: e l'esiguità della somma contestata – appena 2.300 euro – avrebbe, secondo la difesa, giustificato il fatto che il contribuente non aveva alcun interesse ad evadere le imposte.

Ciò che difetta – hanno asserito i giudici – è proprio il necessario approfondimento in ordine alla configurabilità del dolo specifico normativamente richiesto ai fini della perseguibilità penale della condotta prevista dall'art. 10 del D.Lgs. n. 74/2000, atteso che l'affermazione della Corte territoriale basata sulla presunzione secondo cui questi, per il sol fatto di essere prestanome […], non poteva ignorare di essere il diretto responsabile della tenuta delle scritture contabili e della presentazione delle dichiarazioni fiscali […] non è sufficiente a sorreggere una condanna”.

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