Non è sottrazione fraudolenta la vendita di un immobile post accertamento

La Redazione
21 Luglio 2016

Non è sottrazione fraudolenta la rivendita della nuda proprietà di un immobile dopo aver ricevuto svariati avvisi di accertamento. Questo è ciò che hanno affermato dalla Corte con la sentenza n. 30497/2016.

Ma se il contribuente vende la nuda proprietà di un immobile dopo aver ricevuto l'avviso di accertamento da parte dell'Agenzia delle Entrate, sta commettendo una sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte? Non necessariamente. Lo sostiene la Suprema Corte con la sentenza del 19 luglio 2016, n. 30497, con la quale i Supremi giudici hanno annullato la condanna comminata dal tribunale di appello.

Il tribunale di secondo grado aveva infatti condannato il contribuente ad un anno di reclusione per aver venduto la nuda proprietà di un immobile dopo aver ricevuto la notifica di diversi avvisi di accertamento: secondo la corte di appello, il compendio donato era “notevolissimo” e il motivo dell'improvvisa donazione non risultava dai documenti.

A detta della Corte, perché si possa ritenere configurato il reato, “si richiede esclusivamente che l'atto simulato di alienazione o gli altri atti fraudolenti sui beni siano idonei ad impedire il soddisfacimento totale o parziale del credito tributario, non essendo necessaria la sussistenza di una procedura di riscossione in atto […] con la conseguenza che, sotto il profilo psicologico, deve sussistere il dolo specifico, rappresentato dal fine di sottrarsi al pagamento del proprio debito tributario e, sotto il profilo materiale, deve porsi in essere una condotta fraudolenta atta a vanificare l'esito dell'esecuzione tributaria coattiva, la quale non configura un presupposto della condotta, in quanto è prevista dalla legge solo come evenienza futura che la condotta, idonea, tende a neutralizzare”.

Ad essere dunque oggetto del reato in esame, secondo la Corte, non è tanto il diritto di credito del fisco, quanto piuttosto la garanzia generica data dai beni dell'obbligato. Il reato può dunque essere configurato anche qualora, dopo il compimento degli atti fraudolenti, avvenga comunque il pagamento dell'imposta e dei relativi accessori: si tratta infatti di un reato di pericolo, e la condotta penalmente rilevante può essere costituita da qualsiasi atto o fatto fraudolento volto a ridurre la capacità patrimoniale del contribuente per vanificare in tutto o in parte l'eventuale procedura esecutiva.

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