La legittimità del recupero retroattivo dell'ICI/IMU
21 Novembre 2016
Sull'efficacia retroattiva della rendita e sulla legittimità del conseguente recupero ICI/IMU per gli anni precedenti la sua definizione permane dibattito, nonostante l'entrata in vigore dell'art. 74 L. n. 342/2000 secondo cui "a decorrere dal 1° gennaio 2000, gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, a cura dell'ufficio del territorio competente, ai soggetti intestatari della partita”. Sino all'abrogazione degli art. 5 co. 4 e art. 11 co. 1 D.lgs. n. 504/1992, avvenuta con L. n. 296/2006, l'attribuzione delle rendite dei fabbricati a destinazione ordinaria avveniva, oltre che con le ordinarie procedure catastali, con determinazione di rendita presunta da parte dell'ufficio comunale inviata all'Ute. Questi entro un anno (termine mai rispettato) avrebbe dovuto determinare la rendita definitiva, da pubblicarsi sull'albo pretorio comunale. Così definita, la rendita retroagiva sino alla data della denunzia comunale, con diritto del contribuente al rimborso ICI in caso di determinazione inferiore o dovere di corrispondere la differenza in caso inverso. Nel 1997 è entrato in vigore il D.M. n. 701/1994 che ha introdotto la procedura di accatastamento con docfa su iniziativa del proprietario, che prevede che la rendita rimane agli atti quale rendita proposta sino a che non venga attribuita, comunque entro 12 mesi, quella definitiva da parte dell'Agenzia (cfr. art. 1 co. 3).
Nel periodo di coesistenza della rendita presunta e di quella proposta, la Cassazione ha dibattuto circa la decorrenza della rendita definitiva attribuita a seguito di docfa tempestivo del soggetto interessato, sviluppando tre orientamenti: inizialmente ha ritenuto che l'atto di attribuzione definitiva della rendita avesse natura costitutiva ed efficacia ex nunc (Cass. Civ. n. 24235/2004). Con altro indirizzo ha ritenuto la rendita efficace a partire all'anno successivo alla messa in atti (Cass. Civ. n. 20854/2004). Con il terzo, emerso prevalente, ha attribuito alla rendita definitiva carattere dichiarativo e efficacia retroattiva alla data di presentazione della denunzia (Cass. civ. n. 5109/2005).
Con l'entrata in vigore dell'art. 74 L. n. 342/2000 si è inizialmente ritenuto che il Legislatore avesse inteso definire il contrasto a favore della natura costitutiva della rendita definitiva. Di diverso avviso è rimasta la Cassazione, che attribuisce alla rendita definitiva natura dichiarativa di una situazione di fatto, con efficacia retroattiva alla data in cui tale situazione è venuta ad esistere. Ciò in quanto l'atto di attribuzione della rendita ha natura valutativa e funzione di evidenziare la redditività dell'immobile, connotando la capacità contributiva del contribuente alla data di presentazione della domanda. Ne derivano l'irrilevanza della data in cui la rendita viene attribuita in via definitiva e la sua efficacia retroattiva alla data di effettiva costituzione/modifica della situazione di fatto “fotografata” dalla rendita.
In tal senso si sono espresse le Sezioni Unite (sent. n. 3160/2011) che, tenuto conto dell'evoluzione normativa, della circostanza che con il precedente sistema le modalità di comunicazione della rendita (pubblicazione su albo pretorio comunale in tempi incerti a causa dei ritardi dell'UTE) ne impedivano la tempestiva conoscenza e impugnazione ed alla luce degli artt. 3 e 53 Cost., hanno accantonato l'interpretazione secondo cui l'art. 74 cit. avrebbe definito legislativamente la decorrenza della rendita. Ritengono, di contro, che con tale norma il Legislatore abbia esclusivamente inteso imporre agli uffici erariali, a tutela del contribuente, l'obbligo di notifica della rendita, senza alcuna intenzione di restringere il potere di accertamento dell'ente locale, sostenendo che l'espressione "sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione" va intesa nel senso che la notifica degli atti attributivi è soltanto condizione della loro efficacia: la valenza semantica, oltre che tecnico giuridica, dell'aggettivo "efficaci", invero, non consente di inferire nessuna volontà legislativa di attribuire alla notifica, "ai soggetti intestatari della partita", del provvedimento attributivo della rendita una qualche forza costitutiva (una efficacia, cioè, ex nunc) e non (quale portato naturale proprio del provvedimento di attribuzione della rendita) meramente accertativa della concreta situazione "catastale" dell'immobile: il successivo inciso "solo a decorrere dalla loro notificazione" indica inequivocamente l'impossibilità giuridica di utilizzare una rendita se non notificata, ma non esclude affatto la utilizzabilità della rendita (una volta) notificata a fini impositivi anche per annualità d'imposta per così dire "sospese", ovverosia suscettibili di accertamento e/o di liquidazione e/o di rimborso”.
(Cass. Civ. ss. uu., n. 3160/2011;cfr. anche, tra le altre, le sent. Cass. civ. nn. 12029/2009, 13443/2012, 18439/2012, 12753/2014, 11245/15, 1299/2015).
Autotutela catastale e recupero retroattivo ICI/IMU innanzi alle Corti di merito
Il maggior numero di controversie e di sentenze riguarda accertamenti emessi a seguito di rettifica della rendita proposta da parte dell'Agenzia, una volta decorso il termine annuale previsto dall'art. 1, co. 3 D.M. n. 701/1994, secondo cui la rendita proposta rimane agli atti fino alla determinazione della rendita definitiva, da definirsi entro dodici mesi dalla data di presentazione del docfa. In tali ipotesi si verte in tema di autotutela catastale, ampiamente affrontata dalla Circolare. n. 11/2005 dell'Agenzia del Territorio, secondo cui l'Agenzia è titolare del potere di determinare la rendita catastale, con possibilità di rivedere la rendita proposta anche oltre il termine annuale di cui all'art. 1, co. 3 D.M. n. 701/1994, che ha natura ordinatoria (cfr. anche Circolare n. 7/2005 dell'Agenzia del Territorio e Cass. civ. n. 21139/2009). Conseguentemente la rettifica catastale, se derivante da errata applicazione dei principi di estimo, retroagisce ex tunc, previo, in ogni caso, il contemperamento dell'interesse pubblico alla rimozione di un atto illegittimo/errato con la necessità di tutelare l'affidamento del contribuente fondatosi sulla tacita approvazione del proprio docfa. La Cassazione anche recentemente ha sugellato tale interpretazione ribadendo che “in tema d'imposta comunale sugli immobili (ICI), ai fini del computo della base imponibile, la modifica della rendita catastale retroagisce quando sia conseguente ad errori originari della sua attribuzione e non anche se sia dipesa da una modificazione dello stato o della destinazione del bene, tale da implicare una nuova ed aggiornata valutazione da parte dell'ufficio” (Cass. civ. n. 1299/2015).
Nonostante la prassi e il costante orientamento della Cassazione, le corti di merito restano divise e propense a dichiarare illegittimo il recupero retroattivo ICI in base all'interpretazione letterale dell'art. 5 co. 2 D.Lgs. n. 504/1992, secondo cui l'imposta sui fabbricati si calcola applicando i moltiplicatori di legge alle “rendite risultanti in catasto, vigenti al 1° gennaio dell'anno di imposizione” che ai sensi dell'art. 74, co. 1 L. n. 342/2000 sono efficaci “solo a decorrere dalla loro notificazione, a cura dell'ufficio del Territorio competente, ai soggetti intestatari della partita”.
La CTP di Torino (n. 183 del 10 marzo 2016), affrontando un caso di recupero ICI/IMU in base alla rendita notificata nel 2013 in rettifica di un docfa del 2008, ha accolto il ricorso del contribuente, affermando che “l'art. 74, co. 1, 21 novembre 2000 n. 342 (…) statuisce che l'operatività della nuova rendita catastale determinata d'ufficio si perfezioni solo a decorrere dalla data nella quale la stessa viene comunicata al contribuente. In claris non fit interpretatio: ciò porta il collegio a ritenere di non poter aderire a letture diverse del quadro normativo, anche autorevolmente espresse e delle quali non ignora l'esistenza”.
Lo stesso foro, con sent. della CTR n. 32/38/2008 del 18 giugno 2008 si era espresso diversamente, sottolineando che il presupposto di fatto dell'ICI “non è mai il provvedimento emesso dall'Ufficio, ma il valore intrinseco del bene che l'Agenzia del Territorio ha rilevato definendo la rendita catastale e cioè il valore ai fini fiscali del medesimo”, con irrilevanza della data in cui la rendita definitiva è attribuita. Medesimo contrasto affligge le Commissioni Lombarde. Con sentenza n. 502/7/2015 dell'11 giugno 2015 la CTP di Brescia ha respinto i ricorsi riuniti di due coniugi, ritenendo legittimi gli accertamenti comunali per gli anni d'imposta 2008-2012 emessi in ragione della rendita definitiva notificata nel 2013, in rettifica al docfa del 2006.
Con sent. n. 118/3/2016 del 15 gennaio 2016 la stessa CTP ha deciso in senso opposto. Nel caso in esame la rendita è stata definita con sentenza passata in giudicato riducendo leggermente quella notificata nel 2014 a seguito di un docfa di variazione degli spazi interni del 2012. Tale rendita valorizzava impianti ed imbullonati esistenti dal primo accatastamento e non considerati nell'accertamento dell'Agenzia con il quale, nel 2008, aveva già definito la rendita. Il comune ha accertato gli anni 2010-2012 allegando la recente giurisprudenza di legittimità che, decidendo un caso analogo, ha statuito che la rendita definitiva retroagisce anche laddove sia frutto di un accertamento dell'Agenzia volto a sanare un suo precedente errore, con precisazione che laddove l'Ufficio abbia commesso errori di fatto nell'accertamento, la nuova rendita è applicabile all'anno d'imposta in cui si è verificato l'evento che ha dato luogo alla variazione e laddove invece l'ufficio abbia commesso un errore di valutazione delle caratteristiche dell'immobile esistenti alla data in cui è stata attribuita la rendita, la rendita corretta è applicabile fin dall'originaria iscrizione in catasto (cfr. Cass. civ. n. 11245/2015). La CTP bresciana ha motivato la decisione rilevando che “ove l'Amministrazione non provveda a definire la rendita del bene oggetto di classamento, saranno le dichiarazioni presentate dai contribuenti a valere come rendita proposta fino a che l'Ufficio non determini la rendita definitiva; che illegittimo è l'accertamento per violazione e falsa applicazione dell'art. 74 L. n. 342/2000 che sancisce come dal 1° gennaio 2000, gli atti modificativi di rendite catastali per fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione ai soggetti intestatari della relativa partita; nel caso di specie, l'atto in questione veniva presentato in data 6/4/2012 e le modifiche possono avere efficacia ai fini impositivi solo al perfezionamento delle stesse che si identificano nella data di deposito della sentenza che ha rettificato la rendita ultima accertata dall'Ufficio e cioè: dall'anno 2015”. Sebbene non emessa in tema di recupero retroattivo ICI/IMU, merita menzione la sentenza della CTP Milano n. 828/9/2016 del 28 gennaio 2016. La fattispecie riguarda un accertamento dell'Agenzia delle Entrate in rettifica di un docfa del 2012 presentato per la sola corretta rappresentazione grafica di capannoni. Con la rettifica l'Agenzia ha sostituito la rendita da lei stessa determinata nel 2001. La CTP si dilunga sulla natura della rettifica catastale del docfa precisando che “è un provvedimento meramente accertativo, la cui efficacia è da ricondurre al momento in cui si è verificato il fatto da cui scaturisce l'obbligo della presentazione della denuncia stessa. Sul contrasto giurisprudenziale creatosi in sede di legittimità, tra valenza costitutiva o meramente dichiarativa dell'accertamento catastale si sono espresse le Sezioni Unite della Corte di Cassazione,con sent. n. 3160/2011, dove dagli Ermellini é stato richiamato il concetto dell'art. 53 della Costituzione ("tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva") e dell'art. 3 Costituzione ("tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono equali davanti alla legge, senza distinzione"). Tenuto conto di quanto sopra, la richiesta della contribuente, di accogliere il ricorso con annullamento della rendita calcolata dall'ufficio, non può essere accolta in quanto ciò che è stato accertato dall'ufficio risulta essere corretto, perché va a modificare una rendita che risultava non essere corretta, sin dal suo nascere”. Nonostante la premessa, presagio dell'efficacia retroattiva della rendita, la CTP afferma che la nuova rendita “ha effetto dalla data della sua attribuzione, in poi, non essendo fra le altre cose modificabile il passato”. La conclusione, contrastante con le premesse, parrebbe essere giustificata dalla scelta dell'Agenzia delle Entrate di non agire in autotutela, ma con atto di nuova determinazione della rendita, forse in ragione della necessità, sottolineata dalla Circolare n. 11/2005/T, di tutelare l'affidamento del contribuente, consolidatosi per oltre 10 anni, sulla correttezza della rendita attribuita nel 2001.
Le commissioni tributarie hanno affrontato e deciso controversie relative ad ipotesi di recupero retroattivo d'imposta diverse da quelle conseguenti all'autotutela catastale. Sebbene di regola l'aggiornamento catastale dovrebbe seguire la costruzione di un nuovo fabbricato o la sua modifica e il docfa dovrebbe proporre una rendita valevole da quel momento in poi, le corti di merito si sono interrogate sull'efficacia della rendita proposta spontaneamente (in assenza di invito comunale di cui al co. 336 L. n. 311/2004) dal contribuente con docfa tardivo, in caso di accatastamento di un fabbricato preesistente o di tardiva valorizzazione degli imbullonati.
Tali accertamenti impongono il coordinamento e la risoluzione del contrasto tra diversi principi di diritto: da un lato quelli fatti valere dagli enti locali, fondati sulla giurisprudenza di Cassazione citata, sui principi costituzionali di uguaglianza e capacità contributiva, sulla constatazione che l'attribuzione di efficacia ex nunc a docfa tardivi penalizzi chi, in situazioni analoghe, abbia accatastato tempestivamente, premiando l'abusivo risparmio fiscale derivante dal tardivo accatastamento; dall'altro quelli normati dall'art. 1 co. 336-337 L. n. 311/2004, che attribuiscono agli enti locali il potere di provocare la regolarizzazione di incongruenze catastali da parte del proprietario, o in subordine da parte dell'Agenzia, con previsione, in deroga alle vigenti disposizioni, dell'efficacia retroattiva alle rendite proposte o comunque attribuite a seguito di tale procedura. La CTP di Milano, in assenza di eccezione di parte, non si è interrogata sulla valenza della citata norma e con sent. n. 9413/42/2014 e n. 9414/42/2014 del 20 ottobre 2014 ha recepito la tesi comunale, statuendo che “la determinazione della base imponibile, tanto per i fabbricati non iscritti, quanto per quelli in relazione ai quali siano intervenute variazioni permanenti, va sempre effettuata, anche per le annualità pregresse, in base alla rendita catastale a prescindere dall'epoca di notificazione o di definitiva attribuzione (Cass. civ., n. 23600/2011)”.
La CTP di Brescia con sent. 142/3/12 del 22 ottobre 2012, in assenza di preciso motivo, ha accolto il ricorso del contribuente ritenendo non sussistente il presupposto impositivo. Con sent. n. 01/05/2014 del 08 febbraio 2013 (depositata il 7 gennaio 2014) la stessa Commissione ha invece superato l'eccezione del ricorrente a sostegno della irretroattività della rendita proposta in assenza di invito comunale, rilevando “l'esigenza di affermare il principio della debenza del maggior tributo con riferimento non già al momento in cui il contribuente scelga di dichiarare le situazioni inducenti variazioni della rendita catastale, o a quello in cui il comune spinga la propria diligenza sino al punto di quotidianamente monitorare la consistenza degli immobili ricompresi nel suo territorio, bensì al momento in cui si siano verificati i presupposti per una diversa valorizzazione degli immobili”. In conclusione
La tematica è delicata e non pacifica, tenuto conto che entrambe le tipologie di accertamenti descritte si fondano su un'interpretazione non coincidente con il contenuto letterale delle norme di riferimento (art. 74 L. 342/2000; art. 1 co. 336-337 L. n. 311/2004) e che sulla legittimità di accertamenti retroattivi fondati sullo spontaneo tardivo aggiornamento catastale da parte del proprietario non vi sono pronunce di Cassazione. Se non muta l'orientamento delle Sezioni Unite che attribuisce alla rendita definitiva natura dichiarativa, appare irragionevole differenziare l'efficacia della rendita tardivamente proposta dal contribuente, da quella rettificata dall'Agenzia in autotutela, tuttavia non si può ignorare che parte della dottrina non condivide il ragionamento della Cassazione, traendo dal combinato disposto dell'art. 74 L. n. 342/2000 e art. 1 co. 336-337 L. n. 311/2004 la convinzione che la rendita abbia sempre natura costitutiva e retroagisca esclusivamente se rettificata ai sensi del co. 336 cit. Ciò in quanto il co. 337 attribuisce efficacia retroattiva alla rendita in deroga alle vigenti disposizioni. Sarà quindi interessante leggere quanto deciderà la Cassazione non appena investita della risoluzione della questione. Bibliografia di riferimento
A. Converso, Il catasto: criteri di valutazione, classamento, rendite e la controversia catastale, in Gianfranco Gaffuri, Massimo Scuffi (a cura di) Lezioni di diritto tributario sostanziale e processuale, Milano, 2009; E. Fazzini, Fiscalità e Catasto, XXXVIII incontro di Studi del Ce.S.E.T, in www.fupress.net; F. Parente, Il riaccatastamento e le controversie catastali: problematiche attuali in Rivista del Notariato, fasc. 4, 2014.
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