Società di comodo: l'affitto d'azienda non integra la prova contraria

La Redazione
22 Ottobre 2015

Ai fini della disapplicazione della disciplina di sfavore prevista per le società di comodo, la prova contraria sostenuta dalla contribuente deve essere idonea a dimostrare l'esistenza di particolari situazioni oggettive e straordinarie che hanno impedito il raggiungimento delle soglie di ricavi e redditi previste dalla legge. A nulla vale la mera prova dell'affitto dell'azienda.

I Giudici della Suprema Corte, con la sentenza n. 21358/2015, hanno ritenuto che, ai fini della disapplicazione della disciplina di sfavore prevista per le società di comodo, la prova contraria sostenuta dalla contribuente deve essere idonea a dimostrare l'esistenza di particolari situazioni oggettive e straordinarie che hanno impedito il raggiungimento delle soglie di ricavi e redditi previste dalla legge. A nulla vale la mera prova dell'affitto dell'azienda, giacché ai sensi della normativa applicabile al periodo d'imposta in esame tale evenienza non integra una causa di esclusione automatica.

Come noto la normativa stabilisce che un meccanismo deterrente, il quale tende a disincentivare il fenomeno dell'uso improprio dello strumento societario, utilizzato come involucro per raggiungere scopi, anche di risparmio fiscale, diversi da quelli previsti dal legislatore per tale istituto. A tal proposito viene fissato un livello minimo di ricavi e proventi correlato al valore di determinati beni patrimoniali, il cui mancato raggiungimento costituisce elemento sintomatico della natura non operativa della società, con conseguente presunzione di un reddito minimo, stabilito in base a coefficienti medi di reddtività dei detti elementi patrimoniali di bilancio.

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