Atti di destinazione non tassati se non si verifica un effettivo arricchimento in capo ai beneficiari

Fabio Gallio
30 Dicembre 2016

Nei trust aventi finalità liquidatorie non si ravvisa alcun vincolo di destinazione, tassabile con l'imposta sulle donazioni, dal momento che il beneficiario è titolare di una mera aspettativa giuridica che non gli consente, al momento della istituzione del vincolo, di conseguire la titolarità di beni e diritti segregati. Mancherebbe, di conseguenza, quell'indice di sopravvenuto arricchimento tassabile, espressione di effettiva e attuale capacità contributiva, quale presupposto dell'applicabilità dell'imposta.
Premessa

La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione di Milano, del 13 maggio 2016, n. 2845, ha respinto l'appello dell'Agenzia delle Entrate, che aveva impugnato una sentenza della Commissione Provinciale di Lodi, favorevole al contribuente.

In particolare, da quanto si può leggere nella motivazione, l'Ufficio locale, a seguito della costituzione di un trust con conferimento di beni, aveva liquidato, relativamente alla quota del disponente, un'imposta di donazione pari all'8%.

Le ragioni di tale contestazione si basavano sul fatto che, secondo gli accertatori, l'art.2, comma 47, del D.L. n. 262 del 2006, ricondurrebbe all'ambito applicativo dell'imposta di donazione anche i vincoli di destinazione, quale è il trust.

Tale tesi, però, non è stata ritenuta corretta dalla CTR in commento, in quanto nei trust, come quello che ha delle finalità liquidatorie (Relativamente alla possibilità di utilizzare in ambito liquidatorio l'istituto del trust si rinvia al Consiglio Nazionale del Notariato, con lo studio n. 305-2015, “Trust liquidatorio e trust a supporto di procedure concorsuali”, approvato nella seduta del 12-13 gennaio 2016.), non si ravvisa alcun vincolo di destinazione, tassabile con l'imposta sulle donazioni, dal momento che il beneficiario è titolare di una mera aspettativa giuridica che non gli consente, al momento della istituzione del vincolo, di conseguire la titolarità di beni e diritti segregati.

Pertanto, mancherebbe quell'indice di sopravvenuto arricchimento tassabile, espressione di effettiva e attuale capacità contributiva, quale presupposto dell'applicabilità dell'imposta.

Il vincolo di destinazione, al contrario, può assumere rilievo solo se determina una prospettiva, giuridicamente inequivoca e tutelabile, di vantaggio patrimoniale tangibile in favore del beneficiario, quale soggetto diverso dall'autore del vincolo funzionale.

Tale sentenza è molto interessante, in quanto permette di effettuare delle valutazioni, in termini di tassazione indiretta del trust, diverse e opposte di quelle contenute in alcune sentenze della Corte di Cassazione, la quale, di fatto, si sarebbe conformata alla tesi dell'Agenzia delle Entrate.

Il Trust e le imposte indirette

Dal punto di vista dell'imposizione indiretta, il trattamento tributario della segregazione dei beni in un trust non è stato ancora definitivamente chiarito.

Infatti, è ancora in discussione se, all'atto del conferimento dei beni da parte del disponente, siano dovute l'imposta di donazione e le altre imposte indirette in misura proporzionale (registro, ed ipotecarie e catastali, qualora siano presenti dei beni immobili), oppure in misura fissa.

Per quanto riguarda, l'imposta di donazione, oggetto della sentenza in commento, secondo alcune pronunce giurisprudenziali della Corte di Cassazione, ogni fonte di costituzione di vincoli di destinazione sarebbe assoggettabile all'imposta di donazione (Cfr. Ordinanza della Corte di Cassazione del 4 febbraio 2015, n. 3735, Ordinanza della Corte di Cassazione n. 3886 del 25 febbraio 2015, Ordinanza della Corte di Cassazione n. 3737 del 24 febbraio 2015).

La tesi dei giudici di legittimità sarebbe coerente con quanto stabilito dall'Agenzia delle Entrate (Con la Circolare n. 3/E/2008, par. 5.4.2), la quale ha chiarito che la costituzione di beni in trust rileva, in ogni caso, ai fini dell'applicazione dell'imposta sulle successioni e donazioni, indipendentemente daltipo di trust utilizzato.

Tale affermazione trarrebbe giustificato motivo dalla natura patrimoniale del conferimento in trust, nonché dall'effetto segregativo che esso produce sui beni conferiti indipendentemente dal trasferimento formale della proprietà e, da ultimo, dal complessivo trattamento fiscale del trust che escluderebbe dalla tassazione il trasferimento dei beni a favore dei beneficiari.

La Cassazione, con le pronunce in commento, è giunta sostanzialmente alle medesime conclusioni, seppur attraverso un percorso ermeneutico differente.

In particolare, avrebbe preso le mosse dall'art. 2, comma 47,del D.L. n. 262/2006, che ha introdotto “l'imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni” del D.Lgs. n. 346/1990 (vecchio testo unico dell'imposta sulle successioni e donazioni).

Pertanto, stante il dato normativo letterale poc'anzi riportato, il legislatore avrebbe introdotto, accanto all'imposta sulle successioni e donazioni, una nuova fattispecie impositiva sulla costituzione di vincoli di destinazione, che, peraltro, a differenza dell'imposta su successioni e donazioni, prima non esisteva nell'ordinamento e colpisce soltanto la costituzione del vincolo di destinazione, a prescindere dall'esistenza di qualsivoglia trasferimento.

Di diverso avviso, invece, è parte della giurisprudenza di merito (Commissione Tributaria Provinciale di Latina del 14 maggio 2015, n. 716), la quale ha stabilito che, contrariamente a quanto affermato dalla Suprema Corte con le pronunce sopracitate, l'imposta di donazione non è dovuta all'atto di passaggio dei beni dal disponente al trustee, così come le altre imposte indirette sono da applicare in misura fissa. Contra, invece, altri giudici di merito (

Commissione Tributaria Regionale della Lombardia del 9 dicembre 2015, n. 5278/7/15

).

L'inapplicabilità delle imposte sui trasferimenti in misura proporzionale

E' necessario a questo punto rilevare che la Corte di Cassazione, con sentenza successiva a quelle sopra citate (cass. civ. n. 25478/2015), ha sancito l'inapplicabilità delle imposte sui trasferimenti in misura proporzionale (nel caso della causa, si trattava di quella di registro) al momento del conferimento dei beni in trust, in quanto, fino al momento del loro passaggio ai beneficiari, non si verificherebbe alcun arricchimento da sottoporre a tassazione.

Pur occupandosi di una vicenda sorta precedentemente all'entrata in vigore del D.L. 262/2006, la stessa pronuncia potrebbe rappresentare un ripensamento da parte della Suprema Corte nel ritenere corretto di non applicare l'imposta di donazione al momento del trasferimento dei beni in trust.

In ogni caso, al fine di stabilire l'aliquota, che varia dal 4% all'8%, e la franchigia dell'imposta di donazione, è necessario verificare il rapporto di parentela tra affidante e beneficiario.

Si ricorda, però, che, in applicazione del comma 4-ter dell'art. 3 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, la costituzione del vincolo di destinazione in un trust disposto a favore dei discendenti del settlor non è soggetto all'imposta qualora abbia ad oggetto aziende o rami di esse, quote sociali o azioni, purché siano soddisfatte le condizioni prescritte dal predetto art. 3, comma 4-ter (Circolare dell'Agenzia delle Entrate del 6 agosto 2007, n. 48).

Più recentemente la Suprema Corte (cass. civ. n. 4482/2016) si è espressa in merito alla tassazione indiretta di un trust, conformandosi all'indirizzo giurisprudenziale, che sancisce l'applicazione dell'imposta donazione dell'8% per (quasi) tutti i vincoli di destinazione.

Rispetto alle precedenti pronunce, è stato stabilito che l'istituzione di vincoli per cui è prevista una specifica disciplina o mirati a effetti espressamente approvati dal legislatore (quale la definizione dei rapporti delle imprese in crisi) potrebbero non ricadere nell'applicazione della relativa imposta.

In conclusione

I principi stabiliti dalla sentenza della CTR della Lombardia in commento sono condivisibili, in quanto l'imposta di donazione può essere applicata solo in quei casi in cui, con il vincolo di destinazione, si manifesta l'arricchimento di un beneficiario che ha ricevuto da un determinato soggetto determinati beni per effetto di uno spostamento patrimoniale motivato da intenti liberali o a seguito di atti gratuiti.

Qualora il vincolo di destinazione ottenuto con il trust non comporti questo, la tassazione non può avvenire, considerato che il mero effetto segregativo non manifesta di per sé alcuna maggiore capacità contributiva concreta ed attuale, ex art.53 della Costituzione, nè in capo al disponente, nè rispetto ai beneficiari.

Anzi, in molti casi, come in quello esaminato dai giudici lombardi, l'istituzione di un vincolo di destinazione non comporta arricchimento, ma al contrario, limitando la libera disponibilità dei beni, è indicativo di un impoverimento.

Come riportato nelle motivazioni della sentenza in esame, non convince neppure la tesi secondo la quale i vincoli di destinazione sarebbero colpiti da una nuova imposta statuita dall'art. 2, comma 47, del D.L. n. 262 del 2006, la quale, al contrario, avrebbe di fatto introdotto esplicitamente l'istituzione della sola imposta delle successioni e delle donazioni.

Per l'introduzione di una nuova imposta, come previsto dall'art. 23 della Costituzione, sarebbe servita una specifica legge che disciplini alcuni elementi fondamentali, quali, possono essere i soggetti passivi a cui applicarla, la base imponibile, le aliquote, la territorialità, e altro.

Inoltre, come rilevato da autorevole dottrina, se l'imposta sui vincoli di destinazione fosse autonoma rispetto a quella sulle successioni e donazioni, si applicherebbero due distinti tributi ciascuno dei quali connotato da un peculiare presupposto: l'istituzione del vincolo (che darà tendenzialmente luogo a un “impoverimento” per chi lo istituisce, cioè quantomeno a una diminuita possibilità di utilizzo dei beni assoggettati al vincolo), e il trasferimento gratuito rilevante quale “arricchimento” per il beneficiario della liberalità. Conseguentemente, un bene sottoposto a vincolo (ad esempio segregato in un trust successorio), e in un secondo tempo trasferito ai beneficiari finali, sconterà due diverse imposte: l'una avente un presupposto connotato “oggettivamente” (la ricchezza sottoposta a vincolo), l'altra un arricchimento riferito a una determinata sfera “soggettiva” (quella del beneficiario della liberalità) (D. Stevanato, Riconfermata la ‘nuova imposta' sui vincoli di destinazione - Imposte indirette - Imposta sui vincoli di destinazione e giudice-legislatore: errare è umano, perseverare diabolico, Milano, n. 5/2016).

Infine, si ricorda che, con la legge del “Dopo di noi”, è stata introdotta un'esenzione dall'imposta di donazione per il conferimento di beni in un trust istituiti a favore di persone con disabilità gravi. Tale esenzione è anche prevista per il trasferimento dei beni ai soggetti che hanno istituito il trust, nel caso di premorienza del beneficiario rispetto agli stessi disponenti; al contrario, qualora vi sia la morte del disabile e i beneficiari del ri-trasferimento non siano i disponenti, è stata prevista l'applicazione dell'imposta di donazione, tenendo conto, per l'applicazione delle aliquote e delle franchigie, del rapporto di parentela o coniugio intercorrente tra disponente e destinatari del patrimonio residuo (Così art. 6 della legge 22 giugno 2016, n. 112).

L'introduzione di tale norma potrebbe dimostrare come l'intento del legislatore sia quello, da un lato, di esentare da imposta di donazione i vincoli di destinazione meritevoli di tutela; dall'altro lato, invece, essendo stata prevista la relativa tassazione solamente in caso di “ri-trasferimento” dei beni a soggetti diversi dai disponenti, ciò confermerebbe come l'imposta di donazione si applichi solamente a quegli atti che comportano un arricchimento effettivo in capo al “dante causa” ed esclusivamente in quel momento.


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