Confisca legittima direttamente sui beni dell'imprenditore se l'azienda è in crisi

La Redazione
23 Novembre 2016

La Cassazione ritorna sul tema dei reati tributari con la sentenza n. 48323/2016, statuendo che è valida la confisca per equivalente effettuata direttamente sui beni dell'imprenditore, senza passare prima da quelli societari, purché la società dimostri una crisi di liquidità palese.

Se l'azienda rivela una contabilità in crisi, la confisca per equivalente può essere effettuata direttamente sui beni dell'imprenditore, senza quindi aggredire i beni societari. Lo conferma la Corte di Cassazione, III Sezione Penale, che con la sentenza del 16 novembre 2016, n. 48323, ha respinto il ricorso della parte contribuente che lamentava proprio l'applicazione della misura sul legale responsabile, senza prima aver effettuato un'indagine accurata sui patrimoni societari.

Per la Suprema Corte, tuttavia, la Corte di merito non aveva errato: infatti, il collegio aveva evidenziato che la previa ricerca delle somme presso la società non avrebbe sortito alcun effetto, “attesa la palese crisi di liquidità in cui versava la S.p.A.”.

In tema di reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica – hanno osservato i Giudici della Suprema Corte – è legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto, derivante dal reato medesimo, non potendosi considerare, in tal caso, la società come persona estranea al reato ai sensi dell'art. 322-ter c.p.; ciò, peraltro, solo a condizione che il profitto medesimo anche sotto forma di risparmio di imposta sia rimasto nella disponibilità dell'ente e, pertanto, sia suscettibile di aggressione immediata”.

Nel caso in esame, come abbiamo visto, ciò non era possibile in virtù della crisi di liquidità dell'azienda. E allora, l'imposizione del vincolo ben poteva essere disposta per equivalente, senza ricorrere alla misura diretta.

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