Cessioni familiari: scatta il sequestro in presenza di movimentazioni bancarie sospette
24 Giugno 2016
Se ci sono movimentazioni bancarie sospette, scatta il sequestro sui beni del presunto evasore; e non importa se si tratta di cessioni ai familiari. Lo ha specificato la Corte di Cassazione con la sentenza del 20 giugno 2016, n. 25451. La Terza Sezione Penale ha condannato un imprenditore, accusato di non aver dichiarato più di un milione di euro, e nei confronti del quale erano stati accertati prelievi ingiustificati e anche cessioni al figlio.
Secondo i Giudici di appello, tale misura non era legittima in quanto le presunzioni non erano sufficienti ai fini del sequestro; diversamente ha valutato la Cassazione, secondo la quale “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'art. 32 del d.P.R. n. 600/1973 prevede una presunzione legale in base alla quale sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi e a fronte della quale il contribuente che eserciti un'impresa […] può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto ad individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell'ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative”.
Si tratta di un principio che è applicabile a qualunque contribuente che svolga un'attività imprenditoriale, di qualsiasi forma giuridica. E, diversamente da quanto ritenuto nell'ordinanza impugnata, le presunzioni legali previste dalle norme hanno un valore indiziario sufficiente ad integrare il fumus commissi delicti che può giustificare l'applicazione di una misura cautelare reale.
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