Tariffe incentivanti il fotovoltaico: legittima la rimodulazione

La Redazione
26 Gennaio 2017

La nuova modalità di pagamento delle tariffe incentivanti – introdotta dai commi 2 e 3 dell'art. 26 D.L. 24 giugno 2014, n. 91 (con riguardo anche agli impianti di potenza inferiore ai 200KW) – non penalizza gli operatori del settore, ai quali anzi garantisce, a regime, una maggiore certezza e stabilitàdei flussi finanziari. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale con la sentenza n. 16 del 24 gennaio 2017.

La Consulta, con la sentenza n. 16/2017 depositata il 24 gennaio scorso, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, comma 3, D.L. 24 giugno 2014, n. 91 (Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela dell'ambiente e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea).

La questione di legittimità costituzionale era stata sollevata dal TAR Lazio, adito in ragione di sessantatre giudizi amministrativi, tutti di analogo contenuto, proposti da varie società e/o imprenditori individuali, titolari di uno o più impianti fotovoltaici con potenza nominale superiore a 200 kW e di altrettante convenzioni ventennali stipulate con il GSE-Gestore dei Servizi Energetici spa, i quali avevano chiesto l'annullamento di due decreti del Ministero dell'economia e delle finanze del 16 e 17 ottobre 2014, rimodulativi, con effetti per loro pregiudizievoli, delle tariffe incentivanti.
La norma (art. 26, comma 3, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91) viene denunciata, fra gli altri profili, per contrasto con gli articoli 3 e 41 della Costituzione, per lesione del principio dell'affidamento riposto su posizioni consolidate di vantaggio riconosciute da negozi «di diritto privato».

La denunciata rimodulazione dell'incentivo - osserva la Corte Costituzionale - non incide radicalmente sugli investimenti effettuati, come si prospetta, ma "appare declinata in modo da tener conto della loro sostenibilità". In alternativa all'intervento di riduzione della tariffa incentivante nella (non eccessiva) misura dal 6 all'8 per cento (per gli impianti di potenza nominale, rispettivamente, da 200 a 500, da 500 a 900, ovvero superiore a 900 kW) – ferma restandone l'erogazione ventennale – viene lasciata al titolare dell'impianto una duplice opzione:

  • bilanciare la riduzione dell'incentivo con il prolungamento, per ulteriori quattro anni, del periodo di sua erogazione
  • affiancare ad un primo periodo di riduzione della tariffa incentivante un periodo successivo di suo incremento in «egual misura».

Non mancano inoltre i benefici compensativi, come la possibilità per i fruitori delle tariffe rimodulate di accedere a finanziamenti bancari per un importo massimo pari alla differenza tra l'incentivo attuale e l'incentivo rimodulato, o come la cessione degli incentivi ad un «acquirente selezionato tra i primari operatori finanziari europei.

In conclusione, "la nuova modalità di pagamento delle tariffe incentivanti non appare tale da penalizzare gli operatori del settore, ai quali anzi garantisce, a regime, una maggiore certezza e stabilità dei flussi finanziari, per effetto del previsto meccanismo di anticipazione-conguaglio, basato sulla corresponsione di rate mensili, di importo costante, corrispondenti al «90 per cento della producibilità media annua stimata di ciascun impianto, nell'anno solare di produzione» e successivo «conguaglio, in relazione alla produzione effettiva, entro il 30 giugno dell'anno successivo»".

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