Accertamento del maggior reddito calcolato sulla base di spese per incrementi patrimoniali

La Redazione
27 Gennaio 2017

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 1510/2017, ricorda che in tema di incrementi patrimoniali, la regula iuris afferma la piena legittimità dell'accertamento in quanto fondato sulla presunzione di maggior reddito per incremento patrimoniale.

La vicenda esaminata dalla Corte, con sentenza n. 1510/2017, tratta l'effettiva legittimità della rettifica del reddito operata dall'Ufficio nei confronti della contribuente, con metodo sintetico, ai sensi dell'art. 38, comma 4 e 5, d.P.R. n. 600/1973, in ragione dell'attribuzione per la quota di un quinto per ciascuno degli anni oggetto di accertamento (2002/2005) del maggior reddito presuntivamente calcolato sulla base di spese per incrementi patrimoniali sostenute dalla contribuente nel 2006.

La Commissione regionale ha ritenuto valido sostenere che la contribuente "pur avendo dimostrato l'esistenza di ulteriori redditi, di cui ha goduto il nucleo familiare, non ha indicato analiticamente le movimentazioni finanziarie utilizzate per dimostrare l'effettivo utilizzo delle risorse finanziarie dei componenti nel nucleo familiare"; infatti proseguono i giudici è condizione necessaria ma non sufficiente che la contribuente fornisca idonea documentazione dalla quale emergano elementi tali da giustificare la disponibilità dell'importo pagato a titolo di corrispettivo".

Ora la contribuente, nel proporre ricorso, ritiene erronea la valutazione fatta in secondo grado nella parte in cui i giudici hanno ritenuto legittimo l'accertamento sintetico solo perchè ella, pur avendo dimostrato il godimento da parte del nucleo familiare di ulteriori redditi, ha omesso l'indicazione analitica dele movimentazioni finanziarie dei componenti.

La Cassazione ribadisce che l'art. 38 cit., legittima la presunzione, da parte dell'Amministrazione finanziaria, di un reddito maggiore di quello dichiarato dalla contribuente in ragione della "spesa per incrementi patrimoniali" sostenuta presuntivamente "salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell'anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti".

Inoltre sempre la Corte specifica che oggetto della prova contraria da parte della contribuente riguarda non solo, la disponibilità di ulteriori redditi ma anche "l'entità di tali redditi e la durata del loro possesso". La regula iuris applicata al caso concreto dal giudice a quo afferma la piena legittimità dell'accertamento in quanto fondato sulla presunzione di maggior reddito derivante dalla descritta spesa per incremento patrimoniale.

Se ne ricava inoltre che l'art. 38, comma 5, d.P.R. n. 600/1973 detta una presunzione (iuris tantum) di favore per il contribuente, quella secondo cui: la spesa per incrementi patrimoniali rilevata dall'ufficio sia sostenuta dal contribuente con redditi conseguiti non nel solo anno in cui la spesa risulta effettuata ma già a partire dai quattro anni precedenti in misura costante pari a un quinto dell'esborso, per ciascun anno. Tale disciplina – spiegano dalla Corte –implica che, per ciascun anno, la spesa per incremento patrimoniale autorizza bensì la determinazione sintetica ai sensi dell'art. 38 del d.P.R., di maggior reddito, ma lascia intatta la facoltà e l'onere per il contribuente di dimostrare "che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta".

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