Costi black list e applicabilità della sanzione

La Redazione
26 Luglio 2016

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 15353/2016, ha chiarito che in tema di reddito d'impresa, la separata indicazione dei costi da presupposto sostanziale di relativa deducibilità ad obbligo di carattere formale è passabile di relativa sanzione amministrativa.

In tema di reddito d'impresa, l'abolizione del regime di assoluta indeducibilità dei costi scaturenti da operazioni commerciali intercorse con soggetti residenti in Stati a fiscalità privilegiata, se non separatamente indicati nella dichiarazione annuale dei redditi, a seguito della modifica all'art. 110, comma 10 e 11, del d.P.R. n. 917/1986, ha integrale portata retroattiva, come può evincersi sia dalla "ratio" della nuova disciplina, che intende contemperare l'interesse del contribuente a poter dedurre i costi effettivamente sostenuti con quello dell'Amministrazione finanziaria ad un efficace controllo, sia dal dato che emerge dall'art. 1 della L. 296/2006, che cumula l'applicazione della sanzione prevista dal comma 3 dell'art. 8 del D.Lgs. n. 471/1997 con il comma 1 del medesimo articolo.

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 15353/2016, si è espressa con questo principio, sottolineando poi che la giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere che la disciplina sopravvenuta ha declassato (con effeto retroattivo) la separata indicazione dei costi da presupposto sostanziale di relativa deducibilità ad obbligo di carattere formale, passabile dunque di relativa sanzione amministrativa. Tale obbligo non può avere che maggiore autonomia rispetto alla deduzione e prova della sussistenza dei presupposti necessari ai fini della detrazione dei costi. Da ciò emerge il dato conclusivo, i giudici della Corte hanno ritenuto valido il ragionamento che la CTR nel caso di specie ha adottato, allorquando ha ritenuto l'applicabilità della sanzione, per il solo fatto della di poi dimostrata detraibilità dei costi.

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