CFC Legislations: i principi stabiliti nel diritto dell'Unione dalle sentenze della CGUE

Gianfranca Corbeddu
27 Ottobre 2016

Le CFC rules sono specifiche norme anti abuso concepite per contrastare i problemi dello spostamento di profitti verso paesi a bassa tassazione e il differimento della tassazione di tali profitti nel contesto domestico. Nel contesto della UE, le CFC legislations possono trovare applicazione nei limiti stabiliti nel diritto dell'Unione dalle pronunce giurisprudenziali della Corte Europea di Giustizia. In particolare, i limiti all'applicazione delle CFC legislations nel contesto della UE sono contenuti nel fondamentale caso Cadbury Schweppes, del quale l'Autrice offre un'ampia disamina. L'analisi della sentenza si conclude con la sintesi dei principi da essa evinti e caratterizzanti una CFC legislation conforme al diritto dell'Unione.
Premessa

Come trattato in nostri precedenti contributi, l'obiettivo primario delle CFC legislations è quello di disincentivare lo spostamento di materia imponibile verso società residenti in giurisdizioni a bassa o inesistente tassazione e annullare il conseguente differimento della tassazione dello stesso reddito nella giurisdizione domestica.

Abbiamo altresì evidenziato come nel contesto dell'Unione Europea (nel seguito la “UE”) la mancanza di armonizzazione della tassazione nel campo dell'imposizione diretta, per effetto della quale gli Stati Membri possono in quell'ambito esercitare liberamente la propria potestà impositiva, abbia dato origine a sistemi fiscali differenti e in competizione tra loro e alle cosiddette “disparità” tra sistemi fiscali. Di più, la difesa dalle disparità impositive non rientra nell'ambito delle libertà fondamentali garantite dal Trattato. Pertanto, all'interno della UE, gli operatori economici possono legalmente trarre beneficio dalle disparità, scegliendo l'ubicazione più conveniente per le proprie attività economiche, a seconda del sistema fiscale in vigore nei diversi Stati Membri.

Nel contesto della UE, l'ambito di applicazione delle CFC legislations, che molti Stati Membri hanno adottato allo scopo di mantenere sotto la loro giurisdizione fiscale attività economiche e capitali, è limitata dai principi stabiliti nel diritto dell'Unione dalle sentenze della Corte Europea di Giustizia (nel seguito la “CGUE”).

I principi stabiliti nel diritto dell'Unione Europea dalle sentenze della CGUE

La posizione della CGUE sulle CFC legislations e i principi che ne regolano la compatibilità con il diritto della UE sono contenuti nella sentenza Cadbury Schweppes.

In Cadbury Schweppes la CGUE (

12/09/2006, C-

196/04)

fu chiamata a deliberare sulla compatibilità con il diritto della UE della CFC legislation allora in vigore nel Regno Unito (nel seguito “UK”).

La questione pregiudiziale sottoposta alla CGUE riguardava una società residente nel Regno Unito, (nel seguito UK”), Cadbury Schweppes, la quale deteneva indirettamente due sussidiarie residenti in Irlanda, il cui sistema fiscale prevedeva un'imposta sul reddito delle società nella misura del dieci per cento.

Secondo la CFC legislation allora vigente in UK, il reddito di una sussidiaria residente in una giurisdizione estera con un “più basso livello di tassazione”, controllata per più del cinquanta per cento da una società residente in UK, era soggetta a tassazione in UK. Il “più basso livello di tassazione” era presunto se per ogni periodo d'imposta la controllata estera scontava nella giurisdizione estera un'imposta sul reddito delle società ad un'aliquota inferiore di tre quarti rispetto a quella che avrebbe pagato in UK sul reddito imponibile ricalcolato secondo le disposizioni ivi vigenti. La normativa in parola prevedeva altresì una lista di eccezioni. In particolare essa non trovava applicazione nei seguenti casi: a) la controllata estera distribuiva regolarmente dividendi alla controllante residente; b) la CFC svolgeva attività “esenti”, ai sensi della detta legislazione, quali talune attività commerciali svolte da uno stabilimento commerciale; c) le azioni della CFC erano quotate in un mercato regolamentato; d) il reddito della CFC non superava l'importo di 50.000 GBP (la cosiddetta regola del “de minimis”).

Se nessuna delle circostanze esimenti era verificata, la normativa non trovava comunque applicazione se la società superava il “motive test”, ossia se due condizioni, cumulativamente, erano soddisfatte: 1) qualora le operazioni che originavano il reddito della CFC comportassero una riduzione del peso fiscale in UK, tale riduzione non era il principale scopo o uno dei principali scopi per il quale la transazione era posta in atto; 2) la riduzione del peso fiscale non era la motivazione principale o una delle principali motivazioni per la costituzione della sussidiaria in quella specifica giurisdizione.

In base alle condizioni sopra enunciate, le sussidiarie irlandesi erano soggette ad un “inferiore livello di tassazione” rispetto a quello vigente in UK. Le autorità fiscali inglesi ritennero che per il periodo d'imposta considerato, nessuna delle eccezioni trovasse loro applicazione. Tuttavia, i giudici nazionali, ravvisando dei profili di incertezza nell'applicazione della normativa, posero la questione pregiudiziale alla CGUE.

Preliminarmente, la CGUE dovette stabilire se la questione pregiudiziale andasse esaminata alla luce della libertà di stabilimento, della libera prestazione dei servizi o della libera circolazione dei capitali, garantite dal Trattato dell'Unione Europea.

In considerazione del fatto che la CFC legislation in vigore in UK trovava applicazione nei confronti di società residenti che detenevano nella sussidiaria estera più del cinquanta per cento nel capitale, che le poneva nella condizione di esercitare una decisiva influenza sulle decisioni della stessa, la CGUE ritenne che il caso dovesse essere esaminato alla luce della fondamentale libertà di stabilimento.

In primo luogo, la CGUE considerò se la decisione da parte di una società residente in uno Stato Membro della UE di stabilire proprie sussidiarie in un altro Stato Membro, esclusivamente allo scopo di beneficiare di un più favorevole regime fiscale ivi in vigore, potesse rappresentare un abusivo esercizio della libertà di stabilimento.

La risposta fu negativa. Pur ammettendo che “i cittadini di uno Stato membro non possono tentare, grazie alle possibilità offerte dal Trattato, di sottrarsi abusivamente all'impero delle loro leggi nazionali, né possono avvalersi abusivamente o fraudolentemente del diritto comunitario”, la CGUE affermò tuttavia il principio che “la circostanza che la società sia stata creata in uno Stato membro per fruire di una legislazione più vantaggiosa non costituisce per sé stessa un abuso di tale libertà”.

In altre parole, la libertà di stabilimento conferisce alle società residenti negli Stati Membri della UE la facoltà di scegliere liberamente dove esercitare le proprie attività economiche e, a tal fine, dove localizzare le proprie sussidiarie. Nell'esercitare la libertà di stabilimento, la scelta di una giurisdizione con un più favorevole regime fiscale non implica di per sé stessa un abuso del diritto.

Successivamente la CGUE esaminò se a) se la normativa CFC implicasse una limitazione della fondamentale libertà di stabilimento; e in caso di risposta affermativa: (b) affinché la restrizione potesse essere ritenuta ammissibile, doveva essere giustificate da ragioni imperative di interesse pubblico; (c) la proporzionalità nell'applicazione della normativa doveva essere garantita, ossia la restrizione non poteva essere più severa di quanto richiesto dallo specifico obiettivo che si intendeva perseguire.

La questione (a) se la normativa CFC implichi una restrizione della fondamentale libertà di stabilimento.

Con riguardo a questo aspetto, la CGUE considerò che la normativa in esame trovava applicazione solo nei confronti di redditi prodotti da controllate estere che si qualificavano per tale regime. Conseguentemente, società residenti che controllavano esclusivamente sussidiarie residenti godevano di un regime fiscale più favorevole. Società residenti che controllavano sussidiarie localizzate in paesi a bassa tassazione sopportavano un peso fiscale maggiore rispetto a società residenti con solo controllate residenti o con sussidiarie localizzate in un altro Stato Membro nel quale tuttavia non erano assoggettate ad un più basso livello di tassazione. In tale differente trattamento la CGUE ravvisò un aspetto discriminatorio della legislazione in esame e una restrizione nell'esercizio della fondamentale libertà di stabilimento.

Una volta accertato il carattere restrittivo della disposizione, (b) affinché tale restrizione possa essere ritenuta ammissibile, devono sussistere ragioni imperative di interesse pubblico che la giustificano.

Le autorità fiscali inglesi basarono le loro argomentazioni sulla necessità di prevenire l'evasione fiscale, poiché la CFC legislation era volta a contrastare la distrazione di profitti verso giurisdizioni con un livello di tassazione inferiore, provocando al contempo effetti deprimenti sulle entrate tributarie domestiche.

La CGUE respinse entrambe le argomentazioni.

Come già stabilito in precedenti sentenze, il vantaggio fiscale derivante alla società madre dalla costituzione di proprie sussidiarie in un paese a bassa fiscalità non può essere compensato con un meno favorevole trattamento fiscale della stessa nella giurisdizione domestica; infine, “l'esigenza di impedire la riduzione del gettito tributario non rientra né tra i motivi enunciati all'art. 56 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 46 CE) né tra i motivi imperativi di interesse pubblico”.

Infine, la CGUE introdusse la giustificazione ritenuta ammissibile. La restrizione della fondamentale libertà di stabilimento può trovare giustificazione solo se specificamente rivolta a “wholly artificial arrangements”, ossia costruzioni di puro artifìcio finalizzate ad eludere la normativa dello Stato membro interessato”.

In casi concernenti l'abuso di libertà fondamentali nel campo dell'imposizione diretta, la CGUE ha fatto molto spesso ricorso all'espressione costruzioni di puro artifìcio”, laddove un meno favorevole trattamento fiscale di società residenti in altri Stati Membri della UE poteva essere giustificato dalla finalità di ridurre il rischio di evasione fiscale.

L'espressione costruzioni di puro artifìcio” fu introdotta dapprima nel caso C-264/96 ICI [1998] paragrafo 26 e poi nei successivi casi C-324/00 Lankhorst-Hohorst [2002], paragrafo 37, C-9/02 De Lasteyrie du Saillant, [2004]paragrafo 50, C-436/00 X and Y, [2002], paragrafi 61-62, e C-

446/03

Marks & Spencer [2005] paragrafo 57. In tutti questi casi, tuttavia la CGUE non diede una definizione dettagliata del significato di tale espressione, in quanto ridondante rispetto alle situazioni ivi considerate.

In Cadbury Schweppes, per la prima volta, la CGUE da una spiegazione esaustiva del significato dell'espressione “costruzioni di puro artifìcio”.

La CGUE, in primo luogo, specifica ulteriormente l'obiettivo perseguito con la difesa della fondamentale libertà di stabilimento, che è quello di “permettere a un cittadino di uno Stato membro di creare uno stabilimento secondario in un altro Stato membro” e altresì quello di “permettere a un cittadino comunitario di partecipare, in maniera stabile e continuativa, alla vita economica di uno Stato membro diverso dal proprio Stato di origine e di trarne vantaggio”.

Dalle succitate premesse conseguono i requisiti perché uno stabilimento possa essere considerato esistente e la libertà di stabilimento esercitata e degna di tutela. Il concetto di stabilimento implica l'esercizio effettivo di un'attività economica per una durata di tempo indeterminata” e presuppone altresì “un insediamento effettivo della società interessata nello Stato membro ospite e l'esercizio quivi di un'attività economica reale.”

“Ne consegue che, perché sia giustificata da motivi di lotta a pratiche abusive, una restrizione alla libertà di stabilimento deve avere lo scopo specifico di ostacolare comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate ad eludere la normale imposta sugli utili generati da attività svolte sul territorio nazionale.”

La CGUE riconobbe un tale effetto deterrente alla normativa considerata, in quanto con la tassazione in capo alla controllante domestica degli utili della sussidiaria estera residente in un paese con un regime fiscale favorevole, “la detta legislazione permette di contrastare pratiche intese a null'altro che ad eludere l'imposta normalmente dovuta sugli utili generati da attività realizzate sul territorio nazionale.

Per queste motivazioni, la legislazione, per quanto restrittiva dell'esercizio della fondamentale libertà di stabilimento, venne ritenuta giustificata da motivi imperativi di interesse pubblico, quali l'abusiva distrazione di profitti e l'evasione di tasse altrimenti dovute nella giurisdizione domestica.

Una volta accertato che la restrizione è giustificata,(c) la proporzionalità deve essere garantita, ossia la sua applicazione dovrebbe essere idonea a garantire il conseguimento dello scopo in tal modo perseguito e non eccedere quanto necessario per raggiungerlo.

La legislazione sulle CFC in vigore in UK prevedeva una lista di eccezioni alla sua applicazione, basata su obiettivi indicatori della sussistenza in capo alla controllata estera di una effettiva attività economica.

In linea di principio, possiamo ritenere che tutte le CFC legislations debbano prevedere una lista di eccezioni, applicabili automaticamente a specifiche situazioni nelle quali con ragionevole certezza possa essere esclusa l'esistenza di comportamenti abusivi. Una tale previsione è opportuna in quanto garantisce certezza e equità e al contempo alleggerisce il peso amministrativo nell'applicazione della legge, sia per i contribuenti che per le autorità fiscali.

Come accennato in premessa, qualora nessuna delle eccezioni fosse verificata, la CFC legislation non trovava comunque applicazione se il “motive test” era soddisfatto.

I successivi passi della sentenza Cadbury Schweppes sono di notevole interesse ai nostri fini, in quanto forniscono alcuni criteri generali per l'individuazione di una CFC, alla quale trova applicazione la relativa normativa anti-abuso.

In particolare, qualora il “motive test” non fosse soddisfatto, allo scopo di determinare l'esistenza di una “costruzione di puro artificio”, due condizioni dovevano essere verificate: (1) un elemento soggettivo consistente nella volontà di ottenere un vantaggio fiscale”; (2) “elementi oggettivi dai quali risulti che, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dall'ordinamento comunitario, l'obiettivo perseguito dalla libertà di stabilimento, (… omissis), non è stato raggiunto” (ndr. enfasi aggiunta)

L'analisi caso-per-caso, richiesta dalla Corte per accertare l'esistenza di una “costruzione di puro artificio” è mutuata da precedenti sentenze della stessa Corte nel campo dell'imposizione indiretta. A tale riguardo, i due fondamentali casi Emsland Stärke e Halifax (

C-

255/02

)

stabiliscono le condizioni sotto le quali l'esistenza di un abuso del diritto è verificata. Nelle argomentazioni alla sentenza Cadbury Schweppes, la CGUE richiama esplicitamente questi casi. Nello specifico, l'abuso è presente laddove una combinazione di obiettive circostanze dimostra che (i) un operatore economico intende ottenere benefici previsti da normative comunitarie attraverso costruzioni di puro artificio che formalmente ottemperano alle condizioni imposte dalle normative stesse (elemento soggettivo) e che (ii) nonostante la formale osservanza di quelle condizioni, l'obiettivo e la finalità di quelle disposizioni sarebbe di fatto frustrata qualora il beneficio venisse concesso in quelle circostanze (elemento oggettivo).

Qualora l'analisi del caso portasse ad escludere l'esistenza degli elementi soggettivo ed oggettivo dell'abuso, perché la CFC legislation sia conforme al diritto della UE, l'applicazione della normativa deve essere esclusa, poiché pur in presenza di vantaggi fiscali, la costituzione della sussidiaria estera riflette un reale interesse economico.

La costituzione della controllata estera deve corrispondere con un insediamento reale che abbia per oggetto l'espletamento di attività economiche effettive nello Stato Membro ospite.

La constatazione di tali elementi deve poggiare su elementi oggettivi, verificabili da terze parti (tipicamente le autorità fiscali). La CGUE suggerisce la verifica della coerenza tra le dimensioni della presenza fisica nello Stato Membro ospite, in termini di locali, personale e attrezzature, e la natura dell'attività economica la cui esistenza si intende accertare.

Se l'esame obiettivo di questi elementi porta alla conclusione che la costituzione è fittizia e nessuna attività economica è di fatto ivi esercitata, la costituzione della CFC corrisponde ad una “costruzione di puro artificio”. La Corte fornisce altresì esempi concreti di “costruzioni di puro artificio, quali società “fantasma” (“letterboxes”) o “schermo” (“front subsidiaries”).

Per quanto attiene al concetto di attività economica, le Corte dapprima fa riferimento ai precedenti casi Factortame and Commission v United Kingdom, che entrambi riportano il concetto di stabilimento ai sensi dell'Art. 52 e seguenti del Trattato. Secondo questa disposizione, esso implica l'esercizio effettivo di un'attività economica per una durata di tempo indeterminata, mercé l'insediamento in pianta stabile in un altro Stato membro”.

Tuttavia, il significato che la Corte assegna al concetto di attività economica e le caratteristiche fondamentali di quest'ultima sono meglio definiti in alcune sentenze in materia di legislazione IVA. Nel caso Pavel Pavlov e altri la Corte definisce attività economica qualsiasi attività che consista nell'offrire beni o servizi in un determinato mercato”. Pertanto, “La libertà di stabilimento intende, a tal fine, permettere a un cittadino comunitario di partecipare, in maniera stabile e continuativa, alla vita economica di uno Stato membro diverso dal proprio Stato di origine e di trarne vantaggio”.

In Cadbury Schweppes, al fine di identificare gli obiettivi elementi indicativi della reale consistenza economica della sussidiaria estera, la Corte fa esplicito riferimento ad elementi indicativi della presenza fisica (es. locali e personale addetto) nello Stato Membro ospite, che possono essere accertati da terze parti (tipicamente le autorità fiscali). Tuttavia, l'autenticità della specifica attività economica considerata deve essere accertata tenendone presente le caratteristiche specifiche, poiché alcune attività richiedono una presenza fisica minima o addirittura nulla.

Nelle sue argomentazioni, la CGUE ulteriormente specifica che se la sussidiaria esercita nello Stato Membro ospite un'attività economica che potrebbe essere esercitata alle stesse condizioni nel paese di residenza della controllante, questa circostanza di per sé non può essere assunta a fondamento di una presunzione generale di frode fiscale. Di fatto, la scelta di allocare le proprie sussidiarie in altri Stati Membri rientra nell'esercizio della fondamentale libertà di stabilimento, garantita dal Trattato.

Il principio di proporzionalità richiede altresì che la prova del contrario sia sempre ammissibile. Conseguentemente, nonostante l'accertamento da parte delle autorità fiscali dell'elemento soggettivo e delle obiettive circostanze indicative di una presumibile situazione di abuso, la società residente, che è quella che vanta a tal fine la miglior posizione, dev'essere messa in condizione di produrre elementi relativi all'effettività dell'insediamento della SEC [ndr. Società Estera Controllata] e delle sue attività.”

La non ammissibilità di inconfutabili presunzioni è un principio già sviluppato dalla CGUE nella sua precedente giurisprudenza, e come tale facente parte del diritto della UE. Pertanto, una CFC legislation che non preveda per il contribuente la possibilità di comprovare l'autenticità dell'attività economica della propria sussidiaria estera non è in linea con i principi del diritto dell'Unione.

La Corte ha rimarcato altresì come le autorità fiscali dispongano degli strumenti legali per identificare la reale natura dell'attività condotta dalla sussidiaria estera e siano vincolate a farne uso, sia allo scopo di verificare le prove fornite dal contribuente, sia per ottenere, di loro iniziativa, ulteriori informazioni.

In conclusione

L'obiettivo primario delle CFC legislations è quello di disincentivare lo spostamento di materia imponibile verso società residenti in giurisdizioni a bassa o inesistente tassazione e annullare il conseguente differimento della tassazione dello stesso reddito nella giurisdizione domestica.

Nel contesto dell'Unione Europea, gli operatori economici possono scegliere la migliore ubicazione per le proprie attività economiche, sfruttando legalmente a tal fine le disparità tra i sistemi fiscali degli Stati Membri. I singoli Stati Membri hanno interesse a mantenere sotto la loro giurisdizione fiscale attività economiche e capitali e a tale scopo alcuni di essi si sono dotati di CFC legislations.

Tuttavia, all'interno della UE, gli Stati Membri sono vincolati all'applicazione delle CFC legislations in maniera coerente con i principi stabiliti nel diritto dell'Unione dalle sentenze della Corte di Giustizia dell'Unione Europea a tal riguardo.

La posizione della CGUE sulle CFC legislations e i principi che ne regolano la compatibilità con il diritto della UE sono contenuti nella sentenza Cadbury Schweppes. I principi contenuti nella sentenza possono essere sintetizzati nei seguenti punti essenziali:

a) in quanto norme restrittive dell'esercizio di una libertà fondamentale garantita dal Trattato (la libertà di stabilimento nel caso di specie), le CFC legislations possono essere applicate solo laddove vi siano ragioni imperative di interesse pubblico che le giustificano. La giustificazione a tal fine ritenuta ammissibile venne dalla Corte individuata nello scopo di contrastare “costruzioni di puro artificio finalizzate ad eludere la normativa dello Stato membro interessato”;

b) la norma restrittiva, sia pure giustificata da ragioni imperative di interesse pubblico, deve essere altresì proporzionata all'obiettivo che si intende con essa perseguire. Affinché il rispetto del principio di proporzionalità sia garantito, è richiesto che l'esistenza di “costruzioni di puro artificio” venga accertata attraverso un'analisi caso per caso. Più in dettaglio, due condizioni devono essere verificate: 1) un elemento soggettivo consistente nella volontà di ottenere un vantaggio fiscale; 2) elementi oggettivi dai quali risulti che, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla legge, la costituzione della controllata estera è fittizia e nessuna attività economica è di fatto ivi esercitata;

c) nonostante la verifica dei suddetti elementi soggettivo e oggettivi, la proporzionalità nell'applicazione della norma ulteriormente richiede, da un lato che al contribuente sia sempre concessa la possibilità di provare l'autenticità dell'attività economica condotta presso la sussidiaria estera, dall'altro lato, che l'onere della prova non gravi esclusivamente sul contribuente. In altre parole, la prova del contrario deve poter esercitata dal contribuente senza indebiti obblighi amministrativi, dal momento che le autorità fiscali posseggono gli strumenti legali per accertare la reale natura delle attività svolte dalla CFC e sono vincolate a farne uso.

Bibliografia di riferimento

Trattato

Versione consolidata del trattato sull'Unione europea e del

trattato sul funzionamento

dell'Unione europea

, 2012/C 326/01, Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea, C326, Volume 55, 26 Ottobre 2012.

Sentenze (in ordine cronologico)

CGUE, 28/01/1986, C-270/83 Commission v France [1986]

CGUE, 25/07/1991, C-

221/89

Factortame and Others [1991]

CGUE, 04/10/1991, C-

246/89

Commission v United Kingdom [1991]

CGUE, 26/10/1999, C-

294/97

Eurowings Luftverkehr [1999]

CGUE, 12/09/2000

, Joined Cases C-180/98 and C-184/98,

Pavel Pavlov and Others v. Stichting Pensioenfonds Medische Specialisten

,

[2000]

CGUE, 14/12/2000, C-

110/99

Emsland-Stärke, [2000]

CGUE, 08/03/2001

,

Joined Cases C-397/98 and C-410/98 Metallgesellschaft and Others [2001]

CGUE, 03/10/2002, C-

136/00

Danner [2002]

CGUE, 26/06/2003, C-

422/01

Skandia and Ramstedt [2003]

CGUE, 13/12/2005, C-

446/03

Marks & Spencer plc v. David Halsey (Her Majesty's Inspector of Taxes) [2005]

CGUE, 21/02/2006, C-

255/02

Halifax plc et alia, [2006]

CGUE, 12/09/2006, C-

196/04

, Cadbury Schweppes plc, Cadbury Schweppes Overseas Ltd v Commissioners of Inland Revenue, [2006]

CGUE, 12/12/2006, C-

374/04

Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation [2006]

CGUE, 13/03/2007, C-

524/04

, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation v. Commissioners of Inland Revenue, [2007]

In

Case C-298/05, Columbus Container Service

[2007], Opinion of Advocate General Mengozzi, delivered on 29/03/2007

Fonti secondarie

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Ben J.M. Terra, Peter J. Wattel, European Tax Law, Wolters Kluwer, 6th edition, 2012

Tesi di Dottorato

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Riviste

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Guglielmo Maisto and Pasquale Pistone (coordinators), A European Model for Member States' Legislation on the Taxation of Controlled Foreign Subsidiaries (CFCs) – Part 2, IBFD,

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Sommario