Condannato chi apre un c/c all'estero pur essendo indebitato con il Fisco
27 Luglio 2017
Se il professionista è indebitato con il Fisco e apre anche un conto corrente all'estero, rischia una condanna penale. L'accusa, quella di sottrazione fraudolenta. Lo dice la Cassazione, con la sentenza del 26 luglio 2017 n. 37136, con la quale la Suprema Corte ha respinto il ricorso presentato da un avvocato che aveva aperto un conto in Albania, facendovi confluire del denaro. Le indagini avevano appurato che tale conto non serviva soltanto per i profitti generati all'estero ma anche per le somme ricavate in nero in Italia.
La Corte ha affermato che “il profitto confiscabile, anche nella forma per equivalente, del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte […] va individuato non nell'ammontare del debito tributario rimasto inadempiuto, ma della riduzione simulata o fraudolenta del patrimonio del soggetto obbligato e, quindi, consiste nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell'Amministrazione finanziaria che agisce per il recupero delle somme evase non importa se con esito favorevole o meno, attesa la struttura di reato di pericolo della fattispecie”.
Va anche detto che, oltre all'alienazione simulata, il legislatore “ha individuato l'ulteriore condotta del compimento di «altri atti fraudolenti», diversi dalla alienazione simulata, la cui idoneità a sottrarre i beni al pagamento del debito tributario è stata valutata dal legislatore in via generale e astratta, la cui natura fraudolenta diretta a sottrarre il bene al pagamento delle imposte deve caratterizzare l'atto. Non v'è dubbio che nel novero degli «altri atti fraudolenti» debbano essere ricompresi sia atti materiali di occultamento e sottrazione dei propri beni, ma anche atti giuridici diretti”. |