Il profitto del reato oggetto del sequestro preventivo è costituito dal risparmio economico

La Redazione
28 Aprile 2017

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19994/2017, ha chiarito che in tema di reati tributari, il profitto del reato oggetto del sequestro preventivo è costituito dal risparmio economico derivante dalla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale.

"In tema di reati tributari, il profitto del reato oggetto del sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente è costituito dal risparmio economico derivante dalla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale e nell'ipotesi di sospensione della esecutività dell'atto impugnato da parte della Commissione tributaria, ex art. 47 D.Lgs. n. 546/1992, i presupposti per il sequestro preventivo funzionale alla confisca non vengono ridimensionati, in considerazione della cognizione sommaria e limitata nel tempo della sospensione; solo lo sgravio da parte dell'Agenzia delle Entrate o la sentenza di merito anche non definitiva della Commissione Tributaria fanno venire meno il profitto del reato ai fini del sequestro". Questo il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 19994/2017.

Nello specifico la disamina dei giudici di legittimità si fonda sulla delicata questione derivante dalle conseguenze che i reati tributari comportano, ovvero dell'incidenza che tale provvedimento ha direttamente sui beni e sul patrimonio del soggetto.

La sospensione dell'atto del processo tributario per sua natura ha una limitata efficacia (fino alla decisione nel merito), ricordano i Giudici; dunque tale sospensione non incide sulla sussistenza dei requisiti per il sequestro preventivo: il profitto del reato ai fini del sequestro è costituito dal risparmio economico derivante dalla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, che rimane, infatti, inalterata anche nelle ipotesi di sospensione dell'esecutività della cartella esattoriale da parte della Commissione tributaria.

La questione oggetto di definizione vedeva un caso di sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, a fronte del reato di dichiarazione infedele di cui all'art. 4 del D.Lgs. n. 74/2000 commesso dalla società, la quale aveva, tuttavia, provveduto alla cancellazione dal Registro delle Imprese. La CTP aveva sospeso l'esecutività degli atti impugnati per l'invalidità degli avvisi di accertamento sia nei confronti della persona giuridica, sia nei confronti dei soci.

Il percorso logico che ha portato i Supremi giudici alla decisione è innazitutto che solo lo sgravio da parte dell'Agenzia delle Entrate o l'annullamento della pretesa fiscale con la decisione della Commissione tributaria potrebbe incidere sul profitto e, quindi, sui presupposti del sequestro.

In conclusione il principio di diritto enunciato è che in tema di reati tributari, il profitto del reato oggetto del sequestro preventivo è costituito dal risparmio economico derivante dalla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale e, nell'ipotesi di sospensione di esecutività i presupposti del sequestro non vengono ridimensionati.

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