Falcidiabilità IVA e transazione fiscale: dalla FNC chiarimenti
28 Giugno 2016
“Il principio di non falcidiabilità dell'IVA e delle ritenute deve oramai esser confinato alla sola transazione fiscale”. È questa la conclusione a cui perviene il Documento “La falcidia del credito IVA tra concordato preventivo e transazione fiscale: cosa cambia dopo la sentenza della CGCE (causa C-546/14)” curato da Paola Rossi per la Fondazione Nazionale dei Commercialisti.
Il lavoro prende in analisi gli effetti della sentenza 7 aprile 2016, causa C-546/14, con la quale la Corte di Giustizia ha ritenuto compatibile con la normativa comunitaria in materia di IVA una proposta di concordato preventivo che prevede il pagamento parziale dell'imposta a condizione che un esperto indipendente attesti il trattamento deteriore di tale credito nell'alternativa fallimentare. Una sentenza storica, con effetto diretto nel nostro ordinamento al pari di una direttiva, e che, come sottolinea l'autrice, “oltre a sollecitare la modifica da parte del legislatore nazionale del testo dell'art. art. 182-ter L.F. attualmente in vigore, impone un'immediata attuazione di quanto statuito dalla CGCE nelle ipotesi di concordato preventivo in cui non sia stato attivato il procedimento di transazione fiscale”. Il richiamato art. 182-ter dispone, infatti, che i crediti per IVA e ritenute devono essere soddisfatti per intero ogniqualvolta il debitore voglia definire i suoi rapporti con l'Amministrazione finanziaria tramite transazione fiscale. Una norma che, secondo l'ultima giurisprudenza interna, è da considerarsi “eccezionale e come tale insuscettibile di applicazione analogica e interpretazione estensiva per difetto di eadem ratio”, e nei cui confronti, si legge nel Documento in commento, “non si esplica l'effetto diretto di quanto affermato dalla CGCE in quanto il trattamento differenziato riservato ai crediti per IVA e ritenute trova giustificazione nel “sinallagma” tra Erario e debitore proponente caratteristico di questo istituto” .
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