La dichiarazione integrativa non cancella l’illecito
29 Luglio 2015
Una dichiarazione integrativa non basta per sanare l'illecito della mancata applicazione delle norme a riguardo dei paesi in black list: a sostenerlo sono i Giudici della Cassazione, che si sono espressi nel contenzioso tra una società e le Entrate. La Guardia di Finanza aveva disposto una verifica degli acquisti effettuati dal contribuente in paesi inseriti nella black list, chiedendo che venisse fornita la documentazione dimostrativa della corretta applicazione delle norme che regolano gli acquisti con i paesi “incriminati”. La società aveva presentato una dichiarazione integrativa, indicando separatamente i costi per le operazioni con la black list. Successivamente a ciò, veniva confermato un processo verbale di constatazione, contestando la mancanza dell'indicazione separata dei costi: alla società veniva così comminata una sanzione di 50mila euro. La vicenda finì in Tribunale. Sia la CTP che la CTR confermavano la tesi della contribuente: la sanzione veniva annullata poiché si riteneva che la dichiarazione integrativa del contribuente avesse sanato l'illecito. Non di questo avviso sono stati i Giudici della Cassazione, con la sentenza del 27 luglio 2015, n. 15798. Per gli Ermellini, infatti, “Dopo la contestazione della violazione, è preclusa ogni possibilità di regolarizzazione. Invero, ove fosse possibile, come preteso dalla società ricorrente, porre rimedio alla mancata separata indicazione delle deduzioni in oggetto (o qualunque altra irregolarità) anche dopo la contestazione della violazione, la correzione stessa si risolverebbe in un inammissibile strumento di elusione delle sanzioni predisposte dal Legislatore per l'inosservanza della correlativa prescrizione”. Dunque, niente da fare: i Giudici, annullando la precedente sentenza regionale, hanno accolto le ragioni dell'Agenzia delle Entrate. |