Usare il deposito IVA per eludere i diritti di confine è contrabbando

La Redazione
24 Giugno 2015

I Giudici della Cassazione, con la sentenza n. 26202/2015, hanno bocciato il ricorso di alcuni contribuenti accusati di aver abusato del deposito IVA al fine di far entrare merce in Italia senza pagare le imposte.

È considerato contrabbando far entrare della merce in Italia in deposito IVA, se il soggetto giuridico importatore è costituito da società di comodo, messe in piedi proprio per eludere i diritti di confine.

Ciò scaturisce dalla sentenza depositata il 22 giugno 2015 n. 26202, nella quale i giudici di Cassazione hanno rigettato i ricorsi di alcuni contribuenti cinesi che lamentavano la precedente sentenza della Commissione Tributaria Regionale. In breve: essi avrebbero eseguito numerose importazioni di materiale tessile dalla Cina, usufruendo della possibilità di mettere in deposito IVA, e dunque di non pagare l'imposta al momento di dichiarazione doganale di importazione corrispondendola invece all'atto della successiva vendita. Essi avrebbero fatto figurare tale merce come importata a favore di diverse società, salvo poi disporne l'estrazione immediata trasportando il tutto dalla dogana a magazzini nella disponibilità di altri indagati, realizzando la definitiva importazione senza pagare il dovuto IVA e mettendo in commercio il prodotto, sovente in nero.

La Corte ha osservato che l'IVA di importazione può essere considerata diritto di confine, sì da consentire la configurabilità del delitto di contrabbando. La corte ha inoltre sottolineato che nella contestazione del reato di contrabbando, espresso agli artt. 292, 293 e 295 del D.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43, può ricomprendersi l'evasione dell'IVA all'importazione, “da intendersi quale diritto di confine, poiché avente natura di imposta di consumo a favore dello Stato, la cui imposizione e riscossione spetta unicamente alla dogana in occasione della relativa operazione di imputazione”.

Osservando il caso specifico, i giudici hanno rilevato come il soggetto giuridico importatore fosse inesistente (espresso in società di comodo) oltre ad aver appurato la mancanza dei requisiti per il deposito fiscale: dunque, secondo gli Ermellini, si è verificato un uso illecito del deposito IVA. Per i Giudici, si è abusato del deposito fiscale, usato solo per introdurre in Italia merce senza i dovuti diritti di confine, cosa che è ravvisabile per i Giudici nel delitto di contrabbando.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.