Cartelle di pagamento, impugnabili anche per motivi inerenti al merito

La Redazione
17 Giugno 2015

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 12228/2015, ha ribadito il principio per il quale le cartelle di pagamento sono impugnabili non solo per vizi propri, ma anche per merito della pretesa impositiva.

La cartella di pagamento è un atto impositivo, ed è il primo ed unico atto con il quale è esercitata la pretesa fiscale nei confronti del dichiarante: è quanto la Corte di Cassazione ha ancora una volta sottolineato, questa volta nella sentenza del 12 giugno 2015, n. 12288, nella quale i Giudici di piazza Cavour hanno avvalorato le ragioni di un contribuente che aveva impugnato il giudizio della Commissione Tributarie Regionale in merito ad una cartella di pagamento per IRAP emessa per omesso versamento dell'imposta.

Già in primo grado i Giudici provinciali avevano accolto le tesi dell'Ufficio, e la Corte Regionale non aveva fatto che ribadirle, ricordando che, dopo aver indicato un debito IRAP, il contribuente non aveva poi informato l'Agenzia delle Entrate sui motivi del mancato pagamento dell'imposta. Invece, gli Ermellini hanno accolto le tesi del contribuente, secondo il quale avevano errato i Giudici di appello nel confermare l'inammissibilità del ricorso, affermando che la cartella esattoriale può essere impugnata soltanto per vizi propri, e non per contestare la legittimità dell'iscrizione a ruolo.

Confermano infatti dalla Suprema Corte: “La cartella esattoriale […] può essere impugnata […] non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva, poiché non rappresenta la mera richiesta di pagamento […] ma riveste anche natura di atto impositivo, trattandosi del primo ed unico atto con cui la pretesa fiscale è stata esercitata nei confronti del dichiarante”.

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