Valido l’accertamento se gli assegni sono incassati dopo la fine del contratto di lavoro

La Redazione
27 Maggio 2015

Nella sentenza della Cassazione n. 10579/15, i Supremi Giudici hanno esaminato il caso di un contribuente che aveva incassato degli assegni anche dopo la fine della sua attività lavorativa con un'azienda.

Aveva incassato cinque assegni pur avendo concluso la sua attività lavorativa con quell'azienda. Le Entrate avevano dunque presentato un avviso di accertamento per errori di percezione della retribuzione. Ma perché, si domandava il contribuente, le somme riscosse dopo la cessazione del rapporto di lavoro devono per forza rientrare nel regime di lavoro dipendente? Inoltre, perché considerare legittima la presunzione fiscale, salvo prova contraria del contribuente?

A rispondere era stata in un primo tempo la Commissione Regionale, che aveva dato ragione alle Entrate. Anche per la Cassazione, con sentenza registrata il 22 maggio 2015, n. 10579, le ragioni del contribuente non potevano essere tenute in conto. Era infatti documentalmente provata la riscossione degli assegni, e si era per questo contestata la mancata dichiarazione di questi redditi.

L'unico elemento presuntivo dell'Amministrazione è stato però quello di aver dedotto che i cinque assegni fossero stati erogati allo stesso titolo di quelli corrisposti in epoca precedente, quando il contribuente ancora lavorava per la detta azienda. Questo dubbio è stato dunque alla base del controllo fiscale. Il contribuente non aveva d'altronde saputo fornire giustificazione relativamente a questo capo di accusa.

La Corte ha infine specificato come: “in materia di imposte dirette, l'avviso di accertamento del reddito da lavoro dipendente, con il quale si contesta l'omessa dichiarazione di una somma percepita dal datore di lavoro, non può limitarsi alla generica qualificazione della somma stessa come emolumento, senza ulteriori specificazioni”.

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