Sì alla determinazione dell'imposta evasa nel procedimento penale

La Redazione
28 Settembre 2016

I Giudici della Corte, con sentenza n. 39789/2016, hanno ricordato che spetta esclusivamente al giudice penale il compito di accertare e determinare l'ammontare dell'imposta evasa, attraverso una verifica che può venire a sovrapporsi o anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario.

Con la sentenza n. 39789/2016 i Giudici della Corte hanno ricordato che spetta esclusivamente al giudice penale il compito di accertare e determinare l'ammontare dell'imposta evasa, attraverso una verifica che può venire a sovrapporsi o anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario. È dunque rimesso al giudice penale il compito di accertare l'ammontare dell'imposta evasa, da determinarsi sulla base della contrapposizione tra ricavi e costi d'esercizio detraibili, mediante una verifica che, privilegiando il dato fattuale reale ai criteri di natura meramente formale che caratterizzano l'ordinamento fiscale, può sovrapporsi ed anche entrare in contraddizione con quella eventualmente dinanzi al giudice tributario.

Questo il principio espresso dai giudici di legittimità, i quali risolvono così l'annosa questione sorta in relazione alla violazione dell'art. 5 del D.lgs. n. 74/2000 (omessa dichiarazione IVA).

Ai fini della configurabilità del reato di omessa dichiarazione IRPEF o IVA – proseguono dalla Corte – il giudice può fare ricorso alle risultanze delle indagini bancarie svolte nella fase dell'accertamento tributario per determinare l'ammontare dell'imposta evasa. Tale possibilità però segue la condizione che prosegua ad autonoma verifica dei suddetti indizi unitamente ad elementi di riscontro, affinché possa dare certezza dell'esistenza della condotta criminosa, privilegiando così il dato fattuale reale rispetto a quello di natura formale che invece caratterizza l'ordinamento fiscale.

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