Natura, consistenza e ubicazione per la determinazione del valore venale in comune commercio
28 Ottobre 2016
Le quotazioni OMI, risultanti dal sito web dell'Agenzia delle Entrate, ove sono gratuitamente e liberamente consultabili, non costituiscono fonte tipica di prova ma strumento di ausilio ed indirizzo per l'esercizio della potestà di valutazione estimativa, sicché, quali nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza, utilizzabili dal giudice ai sensi dell'art. 115, comma 2, c.p.c., sono idonee a condurre soltanto a indicazioni di valori di larga massima. Dalla Corte di Cassazione giunge questo principio con la sentenza n. 21569/2016, che nel caso specifico accoglie il ricorso del contribuente il quale lamentava il valore accertato dall'Ufficio per maggior imposta di registro, ipotecaria e catastale relativa ad atto di compravendita di un locale uso ufficio. In tema di imposte derivanti dalla compravendita di immobile, chiariscono i Giudici che, in merito all'onere probatorio incombente sull'Ufficio, va considerato che l'accertamento da parte dell'Agenzia delle Entrate "del valore venale in comune commercio" di cui all'art. 51, comma 2, del d.P.R. n. 131/1986, ai fini della determinazione della base imponibile di un contratto di compravendita immobiliare, deve tener conto della natura, consistenza ed ubicazione dei beni in considerazione delle caratteristiche oggettive delle aree.
Le stime dell'OMI, continuano i giudici di legittimità, essendo da soli dei meri valori presuntivi ed indiziari inidonei da soli a determinare un maggior valore non sono idonee a fondare il differente accertamento del valore effettuato dall'Ufficio e dovendo, quindi, essere integrate da altri elementi probatori per essere considerate ragionevolmente attendibili.
In definitiva la Corte accoglie il ricorso del contribuente cassando la sentenza impugnata.
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