Accertamento tributario standardizzato e obbligo di contraddittorio

La Redazione
31 Ottobre 2016

La Cassazione civile, con la sentenza n. 21822/2016, ha ribadito come la procedura di accertamento tributario standardizzato non sia ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standard, ma debba nascere - pena nullità - solo in esito al contraddittorio con il contribuente.

La sezione Tributaria della Cassazione civile, con la pronuncia n. 21822 del 28 ottobre 2016, ha statuito in ordine all'emissione di un avviso di accertamento di tipo induttivo: pur in presenza di contabilità regolare, apparivano gravi incongruenze tra il dichiarato e lo stimato dagli studi di settore. A margine vi era anche una "condotta commerciale anomala", avendo la società dichiarato ricavi crescenti ed utili inesistenti.

Fra i motivi di ricorso, la verifica della rituale attivazione del contraddittorio con il contribuente viene evidenziata come condizione necessaria a pena di nullità dell'accertamento fondato sugli studi di settore. Sulla scorta di quanto ribadito in alcuni precedenti - ex multis Cass. nn. 14288/2016 e 17646/2014 - il principio di diritto che emerge ribadisce che "la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards [...] ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento, con il contribuente". Se da un lato il contribuente ha in tale fase la facoltà di contestare l'applicazione dei parametri provando le circostanze concrete giustificanti la posizione reddituale, dall'altra la mancata partecipazione al contraddittorio solleva l'Ufficio dal dover offrire ulteriori dimostrazioni a fondamento della pretesa esercitata.

Da qui l'accoglimento del ricorso e il rinvio alla CTR competente.

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