Rimborso IVA oltre i termini: nullo anche se la Corte UE dichiara illegittima la norma

La Redazione
30 Marzo 2016

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 5860/2016, ha ricordato che in tema di detrazione IVA se un'imposta sia stata pagata sulla base di una norma successivamente dichiarata in contrasto con il diritto dell'Unione europea, non si può correlare il presupposto per la restituzione, se siano scaduti i termini per la proposizione dell'istanza di rimborso.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 5860/2016, ha evidenziato un interessante principio di diritto già, a suo tempo, ribadito dalle Sezioni Unite (con sentenza n. 13676/2014), il quale esprime che nel momento in cui un'imposta sia stata pagata sulla base di una norma successivamente dichiarata in contrasto con il diritto dell'Unione europea, i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di overruling non sono invocabili per giustificare la decorrenza del termine decadenziale del diritto al rimborso dalla data della pronuncia della Corte di Giustizia, o dalla data di emanazione del provvedimento normativo che ad essa abbia dato attuazione, dovendosi ritenere prevalente un'esigenza di certezza delle situazioni giuridiche, tanto più cogente nella materia delle entrate tributarie, che resterebbe vulnerata attesa la sostanziale protrazione a tempo indeterminato dei relativi rapporti.

La fattispecie in esame vede la proposizione di un'istanza di rimborso IVA effettuata dalla società contribuente relativa alle spese di cui all'art. 19-bis D.P.R. n. 633/1972, all'istanza fece seguito il silenzio-rifiuto dell'Amministrazione, che il contribuente impugnò. La controversia arrivata in Commissione regionale, vedeva l'accoglimento parziale da parte dei giudici di secondo grado, i quali determinavano la misura dell'IVA detraibile pari al 40%, e della quale ne disponevano il rimborso.

I Giudici della Corte, esaminando la questione, affermano che in tema di imposta sul valore aggiunto, la domanda di rimborso non rientrante tra quelle previste dall'art. 30 del D.P.R. n. 633/1972, va proposta a norma dell'art. 21, comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992, ovvero "la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto della restituzione". Su tale termine, però, non è destinata ad incidere la disciplina prevista dal D.L. n. 258/2006 (convertito dalla L. n. 278/2006), che ha previsto le modalità per il recupero della detrazione IVA in relazione agli acquisti effettuati prima della sentenza della Corte in causa C-228/05 (precisamente dall'1 gennaio 2003), data alla quale, al momento dell'emanazione di cui al D.L. su citato, non erano ancora scaduti i termini per esercitare la detrazione.

È proprio a partire dal 1° gennaio 2003 che la Corte ha statuito che il termine per le richieste di rimborso collegate alla sentenza della Corte di giustizia cit., non decorre dal pagamento dell'imposta, ampliando così i termini di decadenza a carico del contribuente; da qui nasce l'esigenza di applicare quanto precedentemente espresso dalle ss.uu., con sentenza n. 13676/2014. Il titolare di un diritto negato o compresso da una norma sospetta di illegittimità costituzionale oppure da una norma dell'ordinamento interno incompatibile con le norme di diritto comunitario (come nel caso in esame), comporta in entrambi i casi un impedimento di fatto e non di diritto all'esercizio dello stesso, insuscettibile di impedire il decorso del termine di decadenza o di prescrizione.

In conclusione, dunque, i giudici di legittimità hanno sancito che in ragione della tardività dell'istanza di rimborso presentata dalla contribuente, questa va dichiarata decaduta dal diritto in questione. Accolgono così la censura proposta dalle Entrate e cassano la sentenza dei giudici d'appello in quanto non conforme ai principi di diritto espressi.

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