È onere dei creditori dimostrare il trasferimento fittizio della società fallita

La Redazione
30 Maggio 2016

Il fallimento all'estero per essere considerato effettivo necessita di una prova: ovvero che il trasferimento non venga considerato fittizio, sono i creditori istanti a dover provare l'artificio. Questo quanto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 10925/2016.

Se la società nei cui confronti è stata presentata un'istanza di fallimento in Italia si trasferisce all'estero, sono i creditori istanti che devono provare con fatti idonei il superamento della presunzione di coincidenza tra sede statutaria ed effettivo centro di interessi della società. Lo hanno affermato i Giudici della Cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza del 26 maggio 2016, n. 10925.

Nella sentenza in esame, una società aveva impugnato il fallimento – pronunciato con una sentenza in Italia – ma la Corte d'Appello aveva rigettato il ricorso: secondo i Giudici di secondo grado, infatti, il trasferimento all'estero della società – per il quale essa evidenziava il difetto di giurisdizione del Giudice italiano – era fittizio, perché avvenuto quando ormai la società era in crisi.

Si presume infatti che il centro degli interessi principali del debitore coincida – fino a prova contraria – con il luogo della sede statutaria e, se si verifica una discrepanza tra la sede legale e quella effettiva, costituisce criterio determinante della giurisdizione quella effettiva. In tal senso, secondo i Giudici della Corte, “incombe sui creditori istanti l'onere di provare fatti idonei a superare la presunzione di coincidenza tra sede statutaria ed effettivo centro di interessi della società”. Per verificare la corrispondenza tra le sedi legale ed effettiva, è comunque concesso al giudice di desumere argomenti di prova dal contegno delle parti nel processo.

Nel caso esaminato dalle Sezioni Unite, però, non risultavano comportamenti o fatti dai quali si potesse argomentare in linea con quanto postulato dai giudici di merito, i quali avevano posto a fondamento della loro decisione la mancata prova di rapporti bancari, di contratti in corso e di contabilità indicativa di attività economiche all'estero, ponendo erroneamente a carico del debitore la prova dell'effettività del trasferimento della sede sociale. Il ricorso della società è quindi stato accolto.

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