Il diniego del rimborso non deve necessariamente avvenire entro 4 anni

La Redazione
21 Maggio 2015

Il termine prescrizionale di 4 anni previsto dall'art. 57 del D.P.R. n. 633/1972 si applica solo come limite per l'esercizio dei diritti, non dei dinieghi del rimborso. Lo ho ribadito la Cassazione con ordinanza n. 10164/2015.

La vicenda presa in esame era quella di una società che aveva richiesto il rimborso dell'IVA per annualità passate. La Commissione Provinciale aveva accolto le tesi dell'Agenzia delle Entrate, ammettendo “la mancanza dei presupposti per il preteso rimborso”; tuttavia, la Commissione Regionale aveva ribaltato il giudizio, affermando che l'Ufficio avrebbe comunque potuto procedere con un accertamento e, scaduto il termine dei quattro anni, si doveva ritenere scaduto anche il potere di controllo, accertamento e rettifica. Insomma, per i Giudici Regionali il termine di tempo previsto dall'art. 57 del D.P.R. n. 633/1972 (gli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti previsti - in tema di IVA - devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione) era da intendere anche per “gli accertamenti inerenti le richieste di rimborso dell'eccedenza di IVA”.

L'Agenzia ha presentato ricorso, sostenendo che il provvedimento di diniego di rimborso non può soggiacere al termine di decadenza di quattro anni previsto dall'art. 57, poiché “il diniego non incide sull'esistenza del credito, ma comporta soltanto l'insussistenza in capo al contribuente dei presupposti di legge per l'attribuzione del diritto al rimborso”.

I Giudici di Cassazione hanno dato ragione alla ricorrente. L'ordinanza, del 18 maggio 2015 n. 10164, chiarisce la questione come segue: il diniego del rimborso dell'eccedenza IVA soggiace al termine di 4 anni previsto dal citato art. 57, ma ciò non avviene se “vengono contestati i requisiti per l'accesso al rimborso contemplati dai commi secondo e terzo dell'art. 30 dello stesso decreto”.

Il termine prescrizionale generale si può dunque applicare solo come limite per l'esercizio dei diritti, non come limite per l'esercizio dei dinieghi: per questo motivo, la sentenza è stata cassata, dando ragione all'Amministrazione.

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