Accertamenti induttivi, ok ma solo in casi di grave incongruenza

La Redazione
15 Maggio 2015

La sentenza della Cassazione n. 9716/2015 riguarda il caso di una contribuente finita sotto la lente delle Entrate per presunzione di ricavi non contabilizzati. I Giudici hanno stabilito che i controlli presuntivi sono accettati in virtù di livelli di palese incongruenza della percentuale di ricarico rispetto a quella mediamente applicata nel settore di lavoro.

Le Entrate sono legittimate a procedere con l'accertamento induttivo di maggiori ricavi solo quando viene ravvisata una “grave incongruenza” rispetto alla percentuale di ricarico applicata dal contribuente rispetto a quella mediamente applicata nel suo settore di appartenenza. È quanto ha affermato la Cassazione con sentenza del 13 maggio 2015, n. 9716.

Il caso è quello di una contribuente che lavorava in un piccolissimo comune, “con modalità commerciali al minimo della sopravvivenza e con una pressante concorrenza”. A tal proposito, la CTR aveva annullato l'accertamento con il quale era stato rettificato il reddito della contribuente; le Entrate, tuttavia, avevano presentato ricorso. Per l'Agenzia il controllo sulla presunzione di numerosi ricavi non contabilizzati (pur in presenza di una percentuale di ricarico palesemente antieconomica per la contribuente) era giustificato dalla comparazione delle fatture di acquisto con le rimanenze iniziali e finali; accertata la mancata contabilizzazione di ricavi, sarebbe poi stato onere del contribuente provare le cause dell'omessa contabilizzazione.

La Cassazione ha valutato il caso, affermando che l'accertamento induttivo è consentito anche in presenza di scritture contabili formalmente corrette, ma nel caso che la contabilità possa essere considerata inattendibile e irragionevole nel suo complesso; l'accertamento di maggiori ricavi può essere affidato alla considerazione della difformità della percentuale di ricarico applicata dal contribuente rispetto a quella mediamente applicata nel settore di appartenenza, soltanto ove tale difformità raggiunga livelli di abnormità e irragionevolezza tali da privare la documentazione contabile di ogni attendibilità; in tal senso le medie di settore non rappresentano un dato certo, ma una semplice estrapolazione statistica.

Ai fini dell'accertamento di un maggior reddito di impresa – affermano i Giudici – non basta il solo rilievo dell'applicazione da parte del contribuente di una percentuale di ricarico diversa dalla media riscontrata nel medesimo settore, dovendo lo scostamento essere di proporzioni assolutamente rilevanti”. Bene aveva giudicato dunque la Commissione Regionale, riscontrando nel caso della contribuente uno scostamento che non sembrava essere “abnorme e, in assenza di altri elementi, ha ritenuto che l'accertamento da parte delle Entrate non fosse “presidiato da requisiti di gravità”.

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