Niente bancarotta fraudolenta se c’è negligenza nella contabilità
06 Maggio 2015
Ha omesso di tenere le scritture contabili, e in questo modo è stato impossibile ricostruire il patrimonio e il movimento di affari della sua società (dichiarata fallita). Rischiava quattro anni di pena per bancarotta fraudolenta; ma la Cassazione ha però voluto sottolineare, nel suo caso, la differenza cruciale tra semplice negligenza nella compilazione della contabilità e volontà specifica di rendere non ricostruibili i movimenti contabili. In breve: il contribuente era stato dichiarato colpevole in seno all'art. 216, Regio Decreto del 16 marzo 1942, n. 267 (bancarotta fraudolenta); l'Appello aveva confermato la sua colpevolezza, ma egli aveva presentato ricorso in Cassazione; qui, la Suprema Corte, con sentenza del 30 aprile 2015, n. 18146 ha voluto annullare la sentenza impugnata dal contribuente, in attesa di nuovi accertamenti sul suo operato. Perché? Tutto verte sull'effettiva omissione della contabilità ai fini di impedire la ricostruzione dei movimenti finanziari della società in questione, sollevando quindi la differenza che sussiste tra bancarotta documentale fraudolenta e quella semplice. Il tratto distintivo è proprio l'irricostruibilità volontaria del patrimonio o dei movimenti finanziari della società (Si veda la sentenza del 24 giugno 2014, n. 32051). Ciò nonostante, i Giudici hanno evidenziato come il contribuente non abbia sottratto i dati ai fini specifici di rendere non ricostruibile la contabilità della sua società; semplicemente, egli non ha tenuto la documentazione necessaria, omettendo di compilare le scritture contabili. Ciò, nell'evidente caso di trascuratezza o di negligenza, è caratteristico della bancarotta documentale semplice. (sentenza del 7 giugno 2006, n. 172; sentenza del 18 ottobre 2005, n. 6769 ). |