Falso in bilancio e inasprimento delle pene, il vero problema è la prescrizione

La Redazione
23 Marzo 2015

Nella Nota n. 6/2015 Assonime formula una serie di osservazioni critiche sul disegno di legge su corruzione, riciclaggio e falso in bilancio, attualmente all'esame della Commissione Giustizia del Senato. L'associazione si concentra sulle proposte di riforma riguardanti il reato di false comunicazioni sociali, criticando, in particolare, il previsto inasprimento delle pene e l'eliminazione delle soglie di non punibilità.

L'inasprimento delle pene per i fatti di false comunicazioni sociali al fine di aumentare i termini di prescrizione dei relativi reati e garantire così l'efficacia della misura repressiva appare una scelta criticabile di politica criminale: meglio sarebbe stato intervenire direttamente sul regime della prescrizione dei relativi reati per rafforzare l'effettività della pena e non minare il principio di proporzionalità della sanzione. Il rilievo critico è stato formulato da Assonime nella Nota n. 6/2015 sul disegno di legge su corruzione, riciclaggio e falso in bilancio, attualmente all'esame della Commissione Giustizia del Senato. L'associazione si è soffermata sulle proposte di riforma riguardanti il reato di false comunicazioni sociali, criticando, in particolare, il previsto inasprimento delle pene e l'eliminazione delle soglie di non punibilità.

Sull'inasprimento delle pene, Assonime ricorda che il testo all'esame della Commissione prevede un generale aumento delle sanzioni per entrambe le fattispecie previste dagli artt. 2621 e 2622 c.c., entrambe riguardanti le false comunicazioni sociali: per il reato previsto dall'art. 2621 la riforma in esame propone la pena della reclusione da uno a cinque anni (attualmente è previsto l'arresto fino a due anni), mentre per il reato di cui all'art. 2622 c.c. viene proposta la pena della reclusione da due a otto anni (al momento la pena da va da sei mesi a tre anni, salvo che il fatto abbia cagionato un danno). Secondo l'Associazione delle società italiane per azioni, il predetto inasprimento punta a determinare un aumento dei termini di prescrizione per tali reati, per garantire la certezza della pena e sanare così, almeno in via temporanea in attesa di una riforma della prescrizione, un vulnus del nostro sistema penale. Tuttavia - si osserva nella nota in esame - "l'innalzamento delle pene, se prescinde da una valutazione circa l'effettiva gravità della condotta, pregiudica il principio di proporzionalità della sanzione", per tacere del fatto che la certezza della pena va rimessa esclusivamente alle regole processuali e non alle norme incriminatrici.

Riguardo alle soglie di non punibilità, premesso che attualmente la punibilità per il reato di false comunicazioni sociali è esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, Assonime rileva il testo in discussione in Commissione Giustizia prevede l'eliminazione di ogni tipo di soglia e di ogni requisito di significatività del fatto ai fini della punibilità: una scelta che sarebbe in netto contrasto con il principio di offensività, in base al quale devono essere sanzionate solo le condotte realmente lesive del bene giuridico tutelato. Inoltre, l'associazione segnala che la recente Direttiva comunitaria 2013/34/CEE in materia di bilancio d'esercizio e consolidato, consenta agli Stati membri di introdurre un principio di materialità nella rilevazione, valutazione e presentazione dei dati contabili, da cui discende che gli errori irrilevanti nella redazione del bilancio non incidono sulla conformità alle prescrizioni di legge, per cui appare incongruo che, a fini penalistici, ogni errore nella redazione dei documenti contabili dia luogo a responsabilità.

Infine, Assonime critica l'intenzione del Governo di prevedere una graduazione della sanzione in base alla dimensione dell'impresa: una soluzione non condivisibile perché, tra l'altro,una soglia legata alle dimensioni dell'impresa può costituire un disincentivo legale alla crescita delle imprese.

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