Il condono non ripara i crediti dagli accertamenti

La Redazione
23 Aprile 2015

Gli effetti del condono riguardano esclusivamente il debito fiscale e non anche gli eventuali crediti del contribuente, sui quali l'Amministrazione Finanziaria è legittimata a svolgere accertamenti. È quanto chiarisce la Cassazione nell'ordinanza n. 8120/2015.

La forza del famoso “condono tombale”, utilizzato da moltissimi contribuenti per regolarizzare le proprie posizioni con il Fisco, di riuscire a definire in forma automatica e per sempre i debiti erariali, non può essere estesa anche ai crediti. Ovvero, il contribuente che ha aderito al condono non può per questo ritenere i crediti d'imposta vantati nelle medesime annualità al riparo da ogni accertamento (ma soprattutto) contestazione da parte dell'Amministrazione Finanziaria.

È quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione depositata lo scorso 21 aprile, n. 8120, con cui la Corte annulla la sentenza di merito che non consentiva all'Amministrazione di contestare i crediti del periodo “condonato”.

I fatti di causa

Il contribuente impugnava davanti alle Commissioni Tributarie l'avviso di recupero del credito d'imposta spettante per gli investimenti nelle aree svantaggiate (art. 8, Legge n. 388/2000), contestando l'avvenuto contestuale condono. Le sue lamentele venivano accolte dalla CTR, i cui Giudici ritenevano che la definizione automatica operata dalla società contribuente ai sensi dell'art. 9 della Legge n. 289/2002 fosse “ostativa” a “qualsivoglia attività di accertamento”.

La decisione della Corte

Di parere opposto i Supremi Giudici, secondo cui “il condono fiscale elide, in tutto o in parte, il debito fiscale, ma non opera sui crediti che il contribuente possa vantare”, i quali possono legittimamente essere oggetto di accertamento diretto a dimostrare l'inesistenza del diritto al rimborso.

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