Falso in bilancio: ecco i suggerimenti dei Commercialisti

La Redazione
22 Aprile 2015

Nella giornata di ieri il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili ha reso note, sul proprio sito, una serie di proposte per far sì che la riforma in itinere possa essere il più possibile equilibrata

Mentre la revisione del “falso in bilancio” prosegue il suo iter legislativo, il CNDCEC ha analizzato le recenti modifiche normative, suggerendo alcuni correttivi che consentirebbero di evitare il rischio che la riforma, per usare le parole di Andrea Foschi, consigliere con delega al diritto societario, “pur colpendo le condotte effettivamente criminose possa di fatto degenerare in un intervento punitivo generalizzato”.

Le modifiche normative, dopo l'emendamento governativo dello scorso 16 marzo, prevedono sia l'integrale revisione degli articoli 2621 c.c. (False comunicazioni sociali), e 2622 (False comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori) che l'introduzione di due nuove fattispecie: quella relativa ai “Fatti di lieve entità di cui all'art. 2621-bis c.c. e quella della Non punibilità per particolare tenuità.

Ciò detto, il CNDCEC si concentra sull'art. 2621 c.c., proponendo alcuni interventi che di seguito si sintetizzano:

  • in considerazione del bene giuridico tutelato, dovrebbe aversi riguardo all'interesse della trasparenza, completezza e correttezza dell'informazione societaria”;
  • occorrerebbe specificare maggiormente la “valenza intenzionale” del reato;
  • dal momento che la fattispecie prevede la punibilità di quei soggetti (amministratori, direttori generali, ecc…) che consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge (…)”, sarebbe forse meglio sostituire nella norma l'avverbio “consapevolmente” con “intenzionalmente” che presupporrebbe la pienezza del momento volitivo e comprenderebbe in sé l'animus nocendi (che si sostanzia nell'intenzione di fornire un'informazione sociale non veritiera), l'animus discipiendi (ovvero l'intento di ingannare), e l'animus lucrandi (id est l'intenzione di trarre, dall'evento dannoso, un ingiusto profitto);
  • sarebbe opportuno delimitare il perimetro nel cui ambito declinare la nozione stessa di “falso in bilancio”, attraverso un riferimento “imprescindibile” ai principi contabili nazionali e internazionali, attraverso i quali si può valutare la correttezza della formazione del bilancio;
  • in luogo della totale eliminazione si potrebbero ripristinare le soglie di punibilità sulla base “di una analisi economico-statistica del sistema imprenditoriale italiano, idonea a determinare limiti di punibilità effettivamente significativi”.

Considerazioni analoghe potrebbero farsi, secondo il CNDCEC, anche per le false comunicazioni sociali delle società quotate di cui all'art. 2622 c.c..

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