Indebita compensazione, scagionato l’imprenditore che non versava

La Redazione
16 Aprile 2015

Ai fini dell'integrazione del reato di indebita compensazione non basta che sia stata commessa un'omissione di versamento, occorrendo necessariamente che sia intervenuta la compensazione. Lo afferma la Cassazione nella sentenza n. 15236/2015.

Chi omette ma non compensa non commette il reato ex art. 10-quater D.Lgs. n. 74/2000 di indebita compensazione. Dunque, la relativa condanna non può fondarsi sul solo mancato versamento, occorrendo che lo stesso risulti a monte formalmente “giustificato” da un'operata compensazione tra le somme dovute all'Erario e i crediti verso il contribuente in realtà “non spettanti” o “inesistenti”.

Lo sancisce la Cassazione nella sentenza del 14 aprile scorso, n. 15236, scagionando dal reato l'imprenditore che non procedeva ai versamenti mensili dell'IVA.

La condanna era fondata sulla mancata redazione dei modelli F24

Imputato del processo, l'amministratore di fatto di una società, che, in Appello, veniva condannato per indebita compensazione sulla scorta della mancata redazione dei modelli F24 relativi ai versamenti mensili dell'IVA, resa, invece, necessaria con modalità on line, stante il fatturato superiore ai 516.456,90 euro. In particolare, il Tribunale, riteneva l'omissione volontaria e finalizzata “a non rendere trasparente la compensazione indebitamente effettuata”.

L'assoluzione deriva dalla mancata prova della compensazione

A spingere i Supremi Giudici all'annullamento della condanna, la mancanza di prova in ordine alla effettuata compensazione quale presupposto necessario del mancato versamento, posto che “quali che siano state le ragioni” degli omessi F24 e del mancato utilizzo del meccanismo on line di redazione, la sentenza di condanna “non dà atto di alcun elemento indicativo dell'intervenuta compensazione”.

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