La consapevolezza della partecipazione ad una frode fiscale è determinante per la condanna
31 Agosto 2017
La consapevolezza che il contribuente sta partecipando ad una frode fiscale è l'elemento determinante per la configurazione del delitto di dichiarazione fraudolenta. Ne è convinta la Corte di Cassazione, che con la sentenza della III Sezione Penale depositata ieri, 30 agosto, n. 39541, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un contribuente, legale rappresentante di una società, condannato in Appello ad un anno ed otto mesi di reclusione. Il ricorso ai Giudici di legittimità non ha portato frutto all'uomo: la Suprema Corte ha infatti confermato la posizione già espressa dai Giudici di merito.
Detta con le parole dei giudici, «il dolo nel delitto di utilizzazione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, di cui all'art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000, è ravvisabile nella consapevolezza, in chi utilizza il documento in dichiarazione, che colui che ha effettivamente reso la prestazione non ha provveduto alla fatturazione del corrispettivo versato dall'emittente, conseguendo in tal modo un indebito vantaggio fiscale in quanto l'IVA versata dall'utilizzatore della fattura non è stata pagata dall'esecutore della prestazione medesima».
Secondo la Cassazione, una volta appurata la sussistenza della frode ricostruendola in tutti i suoi passaggi, «è insita nella stessa gestione di fatto delle società coinvolte […] la piena consapevolezza, in capo ai soggetti agenti, del sistema fraudolento complessivo». |