Giudizio di cassazione
12 Febbraio 2017
Inquadramento
I mezzi per impugnare le sentenze delle commissioni tributarie sono l'appello, il ricorso per cassazione e la revocazione (art. 50, D.Lgs. n. 546/1992). In particolare, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale può essere proposto ricorso per cassazione per i motivi di cui ai numeri da 1 a 5 dell'art. 360, comma 1, c.p.c., entro il termine di sessanta giorni dalla data di notificazione della sentenza ad istanza di parte (art. 51, comma 1, del D.Lgs. n. 546/1992) ovvero di sei mesi dalla sua pubblicazione in base al combinato disposto degli artt. 49, D.Lgs. n. 546/1992 e 327 c.p.c.
In base all'art. 62, comma 2–bis, del D.Lgs. n. 546/1992, sull'accordo delle parti la sentenza della commissione tributaria provinciale può essere impugnata con ricorso per cassazione al solo fine di denunciare la sussistenza di c.d. errores in iudicando, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c..
In sintesi, il ricorso per cassazione:
Motivi di gravame
L'art. 360 c.p.c., come modificato dalla lettera b) del comma 1 dell'art. 54, D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, prevede che il ricorso per Cassazione è proponibile per:
1) Motivi attinenti alla giurisdizione. Il motivo attinente alla giurisdizione è configurabile nel caso in cui il giudice si sia attribuito poteri giurisdizionali che non gli spettavano o nel caso in cui si sia erroneamente dichiarato carente di giurisdizione. Ricorre la prima ipotesi (difetto di giurisdizione) quando il giudice abbia deciso su materia del tutto estranea alle sue attribuzioni e devoluta dalla legge ad un altro giudice. Ricorre la seconda ipotesi, quando il giudice, con una pronuncia negativa, abbia formalmente negato la propria potestà di decidere, pur essendo investito di essa e legittimato ad esercitarla. La diposizione di cui all'art. 3, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 546/1992, in punto di rilevabilità ex officio della carenza di giurisdizione del giudice tributario, deve essere interpreta alla luce del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, quando il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando, anche implicitamente, la propria giurisdizione, la parte che intende contestare tale riconoscimento è tenuta a proporre appello sul punto, eventualmente in via incidentale condizionata, trattandosi di parte vittoriosa; diversamente, l'esame della relativa questione è preclusa in sede di legittimità, essendosi formato il giudicato implicito sulla giurisdizione;
2) Violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza. Il motivo fa riferimento alla diretta violazione delle norme che regolano il riparto della competenza tra giudici del medesimo ordine giudiziario. Con specifico riguardo alle controversie tributarie, è noto che la disciplina relativa alla competenza della Commissioni Tributarie (expressis verbis qualificata come inderogabile) è contenuta negli artt. 4 e 5 del D.Lgs. n. 546/1992. All'uopo, si precisa che:
3) Violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro. Il motivo di ricorso previsto dal numero 3 del comma 1° dell'art. 360 c.p.c. viene considerato, dalla dottrina, come quello che meglio identifica la funzione della Corte di Cassazione quale giudice supremo della legalità: si tratta del tipico errore in iudicando ovvero dell'errore in cui il giudice di merito è incorso nell'applicazione delle norme di diritto sostanziale. Secondo il pacifico orientamento della giurisprudenza di legittimità, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un'erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all'esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l'aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l'una e l'altra ipotesi - violazione di legge in senso proprio a causa dell'erronea ricognizione dell'astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta - è segnato, in definitiva, dal fatto che solo quest'ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa. Inoltre, la Corte di Cassazione proprio, in considerazione dell'utilizzazione da parte del legislatore di due diverse espressioni, parimenti suscettibili di integrare gli estremi del vizio de quo, “violazione di norme di diritto” e “falsa applicazione di norme di diritto”, ha precisato che: si configura “la violazione di norme di diritto”, allorquando il giudice ha errato nella individuazione delle norme applicabili alla fattispecie concreta per effetto di un'esatta qualificazione giuridica della fattispecie; per contro, si è in presenza di una “falsa applicazione di norme diritto” allorché il giudice di merito ha esattamente individuato la norma regolatrice della fattispecie concreta, ma ha errato nella sua interpretazione. Giova, tuttavia, precisare che la distinzione di cui sopra non può essere intesa come diversità degli errores in iudicando previsti dalla disposizione in commento (con conseguente necessità per il ricorrente di procedere alla sua esatta individuazione), dal momento che, come rilevato dalla dottrina, non essendovi violazione di legge che non sia al tempo stesso una falsa applicazione di norme e viceversa, le due espressioni devono ritenersi “interscambiabili”.
4) Nullità della sentenza o del procedimento. L'impugnazione con ricorso per cassazione per nullità della sentenza o del procedimento comprende tutti i motivi di nullità dell'attività processuale anteriore alla sentenza, rispetto ai quali non sia intervenuta sanatoria, nonché tutti i motivi di nullità propri della sentenza. In altri termini, mediante questo motivo possono essere fatte valere le violazioni delle leggi processuali che indicano i requisiti di contenuto-forma della sentenza (art. 132 c.p.c.) o regolano il processo, quando l'inosservanza della forma non consente all'atto il raggiungimento dello scopo. Tradizionalmente, integrano gli estremi del c.d. error in procedendo denunciabili in sede di legittimità ai sensi e per gli effetti dell'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.:
E' noto che, in relazione all'esatta interpretazione della nuova formulazione dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza 7 aprile 2014, n. 8053, oltre a riconoscerne l'applicabilità anche al giudizio tributario, hanno precisato che “La riformulazione dell'art. 360 c.p.c., n. 5), disposta con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, secondo cui è deducibile esclusivamente l'"omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti", deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l'anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all'esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di "sufficienza", nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili", nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile". b) Il nuovo testo dell'art. 360 c.p.c., n. 5), introduce nell'ordinamento un vizio specifico che concerne l'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). c) L'omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie”. Sicché, esso non ricorre e non può essere invocato al fine di contestare la ricostruzione dei fatti operata dal giudice sulla base delle emergenze processuali, prospettando al giudice di merito una diversa valutazione delle stesse. Giova ricordare che il vizio de quo, giuste le previsioni di cui all'art. 348 - ter, ultimo comma, c.p.c. non può essere invocato allorquando la sentenza d'appello che conferma la decisione di primo grado sia fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, di quella emessa dal giudice di prime cure. Secondo la dottrina, il divieto de quo deve ritenersi operante soltanto quando la sentenza di appello contenga una sostanziale, e non meramente formale, conferma della motivazione in fatto in primo grado.
Svolgimento del giudizio
L'atto introduttivo del giudizio di Cassazione ha la forma del ricorso, che deve avere i requisiti formali e sostanziali di cui all'art. 366 c.p.c. e deve essere sottoscritto (art. 365 c.p.c.), a pena di inammissibilità, da un avvocato iscritto in un apposito albo (c.d. avvocato cassazionista) e munito di procura speciale (ovvero in forza di un incarico defensionale espressamente conferito in relazione alla fase ed al grado del processo da instaurare davanti alla Suprema Corte). Il ricorso deve essere notificato entro il termine di sessanta giorni dalla data di notificazione della sentenza ad istanza di parte (art. 51, comma 1, del D.Lgs. n. 546/1992) ovvero di sei mesi dalla sua pubblicazione in base al combinato disposto degli artt. 49 del D.Lgs. n. 546/1992 e 327 c.p.c., alle parti contro le quali esso è proposto.
Con specifico riguardo al procedimento notificatorio, si evidenzia che:
a) come chiarito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 14916 del 20 luglio 2016, l'inesistenza giuridica della notificazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell'atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un'attività priva degli elementi costitutivi essenziali per poter qualificare un atto come “notificazione”, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono:
b) qualora la notificazione di un atto processuale, da effettuare entro un termine perentorio, non si perfezioni per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha l'onere - anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio - di chiedere all'ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio e, ai fini del rispetto del termine perentorio, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, sempreché la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari, secondo la comune diligenza, per conoscere l'esito negativo della notificazione e assumere le informazioni del caso. Giova evidenziare che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 14594 del 15 luglio 2016 hanno individuato il termine ragionevole, entro il quale deve essere riattivato il procedimento notificatorio, nella metà del tempo indicato per ciascun tipo di atto di impugnazione dall'art. 325 c.p.c., salva la dimostrazione da parte del notificante della sussistenza di circostanze eccezionali che hanno impedito l'osservanza di detto termine;
c) la notifica del ricorso per Cassazione deve avvenire nei modi e nelle forme di cui agli artt. 17 del D.Lgs. n. 546/1992, 170 e 330 c.p.c. e, ove diretta a più parti aventi lo stesso difensore, può avvenire mediante la spedizione o la consegna di un unica copia indirizzata al procuratore di tutte le parti (da indicare nominativamente); ove eseguita a mezzo del servizio postale, è necessario che venga depositata in giudizio anche oltre i termini di cui all'art. 369 c.p.c. e fino all'udienza di discussione di cui all'art. 379 c.p.c., ma prima che abbia inizio la relazione prevista dal comma 1 della citata disposizione, ovvero fino all'adunanza della corte in camera di consiglio di cui all'art. 380-bis c.p.c., anche se non notificato mediante elenco alle altre parti ai sensi dell'art. 372 c.p.c., comma 2. Infatti, in caso di mancata produzione dell'avviso di ricevimento, ed in assenza di attività difensiva da parte dell'intimato, il ricorso per cassazione viene ritenuto inammissibile, non essendovi la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio e non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ai sensi dell'art. 291 c.p.c. In tali casi, il solo rimedio, ammesso dalla giurisprudenza di legittimità, è la richiesta da parte del difensore del ricorrente presente in udienza o all'adunanza della corte in camera di consiglio di essere rimesso in termini, ai sensi dell'art. 184-bis c.p.c., per il deposito dell'avviso che affermi di non aver ricevuto, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere all'amministrazione postale un duplicato dell'avviso stesso, secondo quanto previsto dall'art. 6, comma 1, della L. n. 890/1982;
d) ove la parte sia rappresentata e difesa da una pluralità di procuratori, cui è stato attribuito mandato in via disgiuntiva, la notificazione dell'impugnazione può essere effettuata ad uno qualunque di essi;
e) in caso di morte o di cancellazione dall'albo del procuratore domiciliatario, la notifica va fatta alla parte personalmente;
f) se il procuratore si è trasferito, la notificazione va effettuata presso il nuovo indirizzo risultante dall'albo professionale;
g) la cancellazione della società (sia essa di persone ovvero di capitali) dal Registro delle Imprese determina la sua estinzione ma non anche il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: le obbligazioni della società non si estinguono, risultando altrimenti ingiustamente sacrificati i diritti dei creditori sociali, ma si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un'attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo; l'automatico trasferimento della legittimazione sostanziale e processuale, attiva e passiva, in favore dei soci, i quali divengono parti dei giudizi in corso, ai sensi dell'art. 110 c.p.c., ancorché siano rimasti estranei alle precedenti fasi degli stessi, con la conseguenza che, ove l'estinzione verificatasi in pendenza del giudizio non sia stata fatta constare processualmente nei modi di legge, l'eventuale impugnazione della sentenza pronunciata nei riguardi della società deve, a pena d'inammissibilità, provenire dai soci o essere indirizzata nei loro confronti, dal momento che la stabilizzazione processuale di un soggetto estinto non può, comunque, eccedere il grado di giudizio nel quale l'evento interruttivo è occorso;
h) l'incidenza sul processo degli eventi previsti dall'art. 299 c.p.c., (morte o perdita di capacità della parte) è disciplinata, in ipotesi di costituzione in giudizio a mezzo di difensore, dalla regola dell'ultrattività del mandato alla lite, in ragione della quale, nel caso in cui l'evento non sia dichiarato o notificato nei modi e nei tempi di cui all'art. 300 c.p.c., il difensore continua a rappresentare la parte come se l'evento non si sia verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale e nelle successive fasi di quiescenza e riattivazione del rapporto a seguito della proposizione dell'impugnazione. Pertanto, deve ritenersi valida la notifica dell'atto di impugnazione effettuata, ai sensi dell'art. 330 c.p.c., comma 1, presso il procuratore, alla parte deceduta o divenuta incapace, pur se la parte notificante abbia avuto diversamente conoscenza dell'evento. A seguito del ricevimento della notifica del ricorso per la Cassazione, la parte, contro cui esso è formulato, può, entro i termini di cui all'art. 370 c.p.c., apposito controricorso con il quale può, altresì, formulare apposita impugnazione in via incidentale. In assenza di notifica del controricorso, è, tuttavia, consentito alla parte partecipare, tramite il proprio difensore, ai sensi e per gli effetti dell'art. 379 c.p.c., formulando difese orali nel corso dell'eventuale udienza pubblica di discussione. Giova, infatti, ricordare che, giuste le previsioni di cui agli artt. 375 c.p.c. e 380-bis, come modificati dall'art. 1-bis del D.L. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197, ed all'art. 380–bis.1 c.p.c., il procedimento si svolge in camera di consiglio, salvo che la trattazione in pubblica udienza sia resa opportuna dalla particolare rilevanza della questione di diritto sulla quale la Corte deve pronunciare, ovvero che il ricorso sia stato rimesso dall'apposita sezione di cui all'art. 376 c.p.c. in esito alla camera di consiglio che non ha definito il giudizio.
la Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, con ordinanza 30 marzo 2015 n. 6427, dubitando, alla luce del mutato quadro normativo costituzionale e comunitario, della validità scientifica e dell'utilità pratica della distinzione tra nullità ed inesistenza della notifica, ha richiesto, ai sensi dell'art. 374 c.p.c., alle Sezioni Unite di pronunciarsi in ordine alla qualificabilità come nulla ovvero come inesistente la notificazione del ricorso per Cassazione avvenuta presso il domicilio dichiarato dalla parte per il giudizio di primo grado, laddove essa abbia, in grado di appello, provveduto a nominare un diverso difensore ed eleggere un diverso domicilio;
i) la cancellazione della società (sia essa di persone ovvero di capitali) dal Registro delle Imprese determina la sua estinzione ma non anche il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società: si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: le obbligazioni della società non si estinguono, risultando altrimenti ingiustamente sacrificati i diritti dei creditori sociali, ma si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un'attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo; l'automatico trasferimento della legittimazione sostanziale e processuale, attiva e passiva, in favore dei soci, i quali divengono parti dei giudizi in corso, ai sensi dell'art. 110 c.p.c., ancorché siano rimasti estranei alle precedenti fasi degli stessi, con la conseguenza che, ove l'estinzione verificatasi in pendenza del giudizio non sia stata fatta constare processualmente nei modi di legge, l'eventuale impugnazione della sentenza pronunciata nei riguardi della società deve, a pena d'inammissibilità, provenire dai soci o essere indirizzata nei loro confronti, dal momento che la stabilizzazione processuale di un soggetto estinto non può, comunque, eccedere il grado di giudizio nel quale l'evento interruttivo è occorso.
l) l'incidenza sul processo degli eventi previsti dall'art. 299 c.p.c. , (morte o perdita di capacità della parte) è disciplinata, in ipotesi di costituzione in giudizio a mezzo di difensore, dalla regola dell'ultrattività del mandato alla lite, in ragione della quale, nel caso in cui l'evento non sia dichiarato o notificato nei modi e nei tempi di cui all'art. 300 c.p.c., il difensore continua a rappresentare la parte come se l'evento non si sia verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale e nelle successive fasi di quiescenza e riattivazione del rapporto a seguito della proposizione dell'impugnazione. Pertanto, deve ritenersi valida la notifica dell'atto di impugnazione effettuata, ai sensi dell'art. 330 c.p.c. , comma 1, presso il procuratore, alla parte deceduta o divenuta incapace, pur se la parte notificante abbia avuto diversamente conoscenza dell'evento.
A seguito del ricevimento della notifica del ricorso per la Cassazione, la parte, contro cui esso è formulato, può, entro i termini di cui all'art. 370 c.p.c., apposito controricorso con il quale può, altresì, formulare apposita impugnazione in via incidentale. In assenza di notifica del controricorso, è, tuttavia, consentito alla parte partecipare, tramite il proprio difensore, ai sensi e per gli effetti dell'art. 379 c.p.c., formulando difese orali nel corso dell'eventuale udienza pubblica di discussione.
Giova, infatti, ricordare che, giuste le previsioni di cui agli artt. 375 e 380–bis c.p.c., come modificati dall'art. 1-bis del D.L. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197, ed all'art. 380–bis.1 c.p.c., il procedimento si svolge in camera di consiglio, salvo che la trattazione in pubblica udienza sia resa opportuna dalla particolare rilevanza della questione di diritto sulla quale la Corte deve pronunciare, ovvero che il ricorso sia stato rimesso dall'apposita sezione di cui all'art. 376 in esito alla camera di consiglio che non ha definito il giudizio. Il giudizio di Cassazione può concludersi con una pronuncia di:
Principi giurisprudenziali
Riferimenti
Normativi: Artt. 360 – 391 c.p.c. Artt. 49, 50, 51, 62, 62-bis D.Lgs. n. 546/1992
Giurisprudenza: Cass. civ., sez. trib., sentenza 9 novembre 2016, n. 22766 Cass. civ., sez. trib., sentenza 6 maggio 2015, n. 9038 Cass. civ., sez. I, sentenza 11 febbraio 2015, n. 2668 Cass. civ., sez. un., 23 settembre 2014, n. 19980 Cass. civ., sez. un., 4 luglio 2014, n. 15295 Cass. civ., sez. un., 7 aprile 2014, n. 8053 Cass. civ., sez. un., 15 luglio 2016, n. 14594 Cass. civ., sez. un., 20 luglio 2016, n. 14916 |